La matta che nun è mmatta

Giuseppe Gioachino Belli

1835 Indice:Sonetti romaneschi IV.djvu sonetti letteratura La matta che nun è mmatta Intestazione 26 gennaio 2025 75% Da definire

Cattive massime Li miracoli
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

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LA MATTA CHE NUN È MMATTA.[1]

     Jerzera, Amalia,[2] in ne la parte d’Anna,
Me mannò ttanto la corata[3] in giro,
Che mme fasceva ritené er respiro,
Me fasceva tremà ccome una canna.

     Che ddiavola de donna! A un zu’ sospiro
V’intontite,[4] la vista ve s’appanna,
Paréte un reo ch’aspetta la condanna,
Un omo che jje dichino: te tiro.

     Che ne so! sse[5] fa bbianca, se fa rrossa,
Muta finosomia, cammia[6] la vosce,
Diventa fina fina, grossa grossa...

     Cosa, inzomma, da vénnese in galerra;[7]
Cosa da fasse[8] er zeggno de la crosce,
E ssalutalla co’ un ginocchio a tterra.

27 ottobre 1835.

Note

  1. Elle est folle: dramma di Melesville, tradotto da Gattinelli figlio.
  2. La prima attrice della compagnia Mascherpa, signora Amalia Bettini [V. l’ultima nota del sonetto: Er padre ecc., 25 sett. 35.], nella parte di lady Anna Harleigh.
  3. Le viscere.
  4. Vi instupidite.
  5. Si.
  6. Cambia.
  7. [Da] vendersi [in galera: da andarci in galera. Ma forse, in origine questa frase avrà voluto dire: “vendersi come rematore d’una galera.„]
  8. Farsi.