Giuseppe Gioachino Belli

1835 Indice:Sonetti romaneschi IV.djvu corone di sonetti letteratura La luscerna Intestazione 22 dicembre 2024 100% Da definire

Le mormorazzione de Ggiujano La vesta
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

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LA LUSCERNA.

1.

     Pio, fa’ er zervizzio, attizza un po’ cquer lume,
Ché nun ce vedo ppiù mmanco er lavore.
Me pare de stà in grotta a sto bbarlume:
Me sce viè un male: me se serra er core.

     Ôoh, llaudata la lusce der Ziggnore!
Via, nu’ l’arzà ppoi tanto, ché ffa ffume...
Bbona notte, sor Pio. Dar fosso ar fiume:
Sém’arimasti tutti d’un colore.

     Tuta,1 va’ a ccerca2 un zorfarolo,3 lesta,
Che ll’appicciamo cqui ddrent’ar marito.4
Fa’ cco’ ggiudizzio, veh:5 bbada a la testa.

     Indóve sei?... da’ cqua... Ma, Ttuta, Pio,
Che vve fate llaggiù? Bbe’, bbe’, ho ccapito:
Da cqui avanti però smoccolo io.6


Note

  1. Gertrude.
  2. Va’ a cercare.
  3. [Zolfanello.]
  4. Dentro al caldanino, o, come in Roma dicesi comunemente, scaldino. [V. la nota 7 del sonetto: [[
    Una ne fa e ccento ne penza|Una ne fa]][[Categoria:Testi in cui è citato il testo
    Una ne fa e ccento ne penza]]
    ecc., 15 genn. 35.]
  5. Vedi, avverti, sai, ecc. È un modo di ammonizione.
  6. [Questo sonetto non ha data; ma lo metto qui, perchè il seguente, a cui è legato, è del 1° ottobre 1835.]
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2.

     Rïecco1 er lume ch’aripiaggne er morto!2
Eppuro3 è ojjo vecchio, è ojjo fino:
Ce n’è ito un quartuccio da un carlino;4
E da quann’arde5 nun pò èsse6 scòrto.7

     Come diavolo mai! pare un distìno.
Uhm! sarà ll’aria ummida dell’orto;...
Eh sse8 smorza sicuro: oh ddajje9 torto:
Nun vedete? È ffinito lo stuppino.10

     Che ffijjaccia ch’ho io! manco è ccapasce
D’aggiustà ddu’ bboccajje!11 eh? sse ne pònno
Sentì de peggio? Aló,12 cqua la bbammasce.13

     E da stasera impoi, ggià vve l’ho ddetto,
Vojjo un lume de ppiù ffin che sto ar monno,
E una torcia de meno ar cataletto.

1 ottobre 1835.

Note

  1. Ecco nuovamente.
  2. Che ripiange il morto: che langue [di nuovo].
  3. Eppure.
  4. [Quattro quartucci formavano una foglietta, cioè poco più di mezzo litro; il carlino equivaleva a sette baiocchi e mezzo, cioè circa quaranta centesimi.]
  5. Da quando arde.
  6. Non può essere.
  7. Scórto, pronunciato con entrambi gli o chiusi, vale: “finito, consumato.„
  8. Si.
  9. Dàgli.
  10. Stoppino, lucignolo.
  11. Due bocchetteFonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte. [Due beccucci.]
  12. Animo, presto, andiamo. È l’allons dei Francesi.
  13. Qua a me la bambagia.