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[p. 85 modifica] LXIV. — Or lascia qui lo conto di parlare di T. e torno a Galeotto all’isola de’Gioganti. Ora gli scrisse una lettera e disse cosí: «A voi re Arture e a madonna la reina Ginevra e a tutti li cavalieri erranti di Longres e d’altro paese, io Galeotto, sire dele Lontane Isole, a voi mando salute. Per mie lettere vi manifesto ch’io co’ miei cavalieri sí passai al’isola de’ Gioganti, per togliere la malvagia usanza la quale iera in quello luogo, ed holla tolta via ed ho disfatto il castello di Proro e iscapulati tutti i pregioni, ch’ierano in quello luogo. E io per vendicarmi di ciò che T. m’avea fatto, sí combattei con lui cuore per cuore. Onde sappiate, messer lo re Arture e madonna la reina Ginevra e tutti gli altri cavalieri del vostro reame, che nel mondo non sono se non due cavalieri e due donne, e in questi due cavalieri si hae tutta la bontade e tutta la prodezza del mondo, e nele due donne si è tutta gentilezza e tutta la bellezza del mondo; né in altri cavalieri io non veggio prodezza ned in altre donne non veggio bellezza, se non in loro». E questa fue la lettera che intramise Galeotto alo re Arturi. E quando la lettera fue giunta a corte del re Arturi e fue letta davanti ali cavalieri, molto si rallegra lo re e la reina e la corte tutta. «Li quali cavalieri sí sono questi, primeramente T. e Lancialotto e la reina Ginevra e madonna Isotta la bionda, la figliuola del re Languis d’Irlanda.» E questo fue lo tinore dela lettera. E molto ne è grande allegrezza in corte del re Arture e vie maggiore vi sarebe istata, se meser Lancialotto de Lacca vi fosse istato a corte.