La leggenda di Tristano/CXXXVII

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CXXXVII. — Ma in questa parte dice lo conto, che quando lo re e Ghedin intesero queste parole, fuorono molto dolorosi; imperciò ch’egli sí vorebero per loro volontade che T. sí avesse presa la corona e fosse istato re della Pittitta Brettagna. E istando per uno poco, e lo re sí disse: «T., ora sappiate per lo certo che voi sí prenderete la segnoria dela Pititta Brettagna, imperciò che oggimai non si conviene piú a me in nessuna maniera, imperciò ch’io non posso piú portare arme, né Ghedin non è ancora di tanto valore che a lui si convenisse di mantenere reame. E imperciò io voglio che voi sí dobiate prendere la corona, sí com’io detto v’hoe». Ma quando T. intese le parole le quali avea dette lo ree, fune molto dolente, imperciò ch’egli non vorebe che lo re gli donasse suo reame. Ma vedendo T. che lo re pur volea ched egli prendesse la corona, disse: «Dappoi che a voi pur piace ched io prenda la corona della Pititta Brettagna, e io sí ne faroe vostro volere, dappoi che a voi piace. Ma tutta fiata sí voglio che voi sí mi dobiate serbare la corona, dinfino a tanto ched io la vi domanderoe». E quando lo re intese queste parole, fue molto allegro, credendosi che T. dicesse queste parole per cagione di prendere la corona, sí com’egli avea detto. Ma istando in cotale maniera, e lo re sí disse: «T., questo farò io volontari, dappoi che voi volete». E a tanto sí finarono loro parlamento. Ma istando in cotale allegrezza, e tutta gente sí incominciarono ad armeggiare, baroni e cavalieri, e tutti li damigelli e tutte le dame e le damigelle sí ne faciano molto grande festa. Ond’io voglio che sappiate che la festa sí duroe viij giorni e viij notte, la quale festa sí fue fatta per amore di T. e d’Isotta dele bianci mani. E quando venne ali viiij giorni, e tutta gente si tornò ali loro alberghi, e gioiosi oltra misura di questa aventura. Ma dappoi che tutta gente fue partita, sí come detto èe, tutti li baroni e li cavalieri dela cittade sí dimoravano tutta fiata con T., per fagli compagnia. Ma che vi dirò io d’Isotta dele bianci mani, la quale vide T. davanti da sé, cotanto bello e cotanto avenente di tutte cose? Certo ella si tiene la piú aventurosa damigella che sia al mondo. [p. 181 modifica] Molto parlava Isotta di T. Ma ora lasciamo lo conto di parlare di T. e d’Isotta dele bianci mani e di tutta sua compagnia e tornomi ad un’altra aventura, perché bene lo saperemo trovare, quando luogo e tempo sarae.