La leggenda di Tristano/CXVII
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CXVII. — A tanto dice lo conto, che quando T. ebe fatto questo pensiero ed ebe dette queste parole, incontanente ismontò dale mura e tornò alo palagio. E quand’e’ vide Governale, sí gli disse: «Governale, vae tosto e portami l’arme mia, imperciò ch’io voglio andare di fuori a combattere colo conte d’Agippi». E quando Governale intese queste parole, incontanente andò nela camera e sí prese l’arme di T. e apportolle nela sala delo palagio. Ed appresso sí andoe ad aconciare lo cavallo. Ma istando in cotale maniera, e T. sí s’armava ed iera solo. E Isotta dele bianci mani, quand’ella risguardava T. e vedialo cotanto bello e cotanto avenante di tutte cose, ed ella sí dicea infra se istessa: «Certo questi è bene lo piú bello cavaliere che sia al mondo». Molto parlava Isotta delo cavaliere. Ma tanto dimorò in cotale maniera, che T. fue armato di tutte arme. E quand’egli fue armato, ed egli sí andoe a montare a cavallo, e trovò lo distriere tutto aconcio, sí come si convenia. E istando in cotale maniera, e T. sí montoe a cavallo e incominciò a cavalcare inverso la piazza. E d’egli fue in quella parte, ed egli si trovò lo ree. E quando T. lo vide sí gli disse: «Ree, or fate mettere bando per tutta la vostra corte, che tutti li vostri baroni e cavalieri e tutta altra gente incontanente debiano venire in sula piazza». E quando lo re intese queste parole, fue molto allegro e incontanente sí incomincioe a risguardare molto lo cavalieri. Ma egli nolo conoscia in neuna maniera, per l’arme la quale egli avea. Ma Governale sí disse alo re sí come quegli iera lo cavaliere ond’egli gli avea parlato. E istando in cotale maniera, e lo re sí fece mettere bando per tutta la cittade, che tutti li suoi baroni e cavalieri e tutta l’altra gente sí dovesse andare ala piazza incontanente.