La leggenda di Tristano/CLXXIX
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CLXXIX. — Ora dice lo conto, che dappoi che lo re siniscalco fue ala camera ali suoi compagnoni, e li cavalieri lo dimandarono sí com’egli era venuto cosí tutto solo. E lo re siniscalco disse: «Per mia fé, io vi conteroe la piú bella aventura che voi udiste giamai. Ora sappiate che al’entrata delo grande diserto, lo quale viene al ponte del passo dell’agua, io sí trovai uno cavaliere, armato di tutte arme, lo quale cavaliere io sí credea ch’egli fosse deli nostri cavalieri dela Tavola ritonda, e io no l’appellai ala battaglia. E quando fui con lui, ed io sí lo domandai di quale paese egli fosse, ed egli sí mi rispuose e disse ch’egli sí era di Cornovaglia. Onde sappiate che quando noi fumo alo fiume, ed egli non volle passare dall’altra parte; ed appresso noi sí andamo alo ponte, né anche non volle combattere colo cavaliere, che guardava lo ponte e ’l passo del ponte. Ma io combattei co lui e sí lo vinsi; onde noi ne siemo venuti quie. Ma per lo certo il vi dico, ch’io unquamai non vidi uno cosí malvagio cavaliere, sí com’è egli, e neuno cosí vile, e bene mostra veramente ch’egli sia di Cornovaglia». E quando li due cavalieri intesero queste parole, incominciaronsi molto a maravigliare come li cavalieri di Cornovaglia e’ fossero venuti in quello diserto di Nerlantes per fare cavallerie. Ma istando per un poco, ed eglino sí dissero: «Re siniscalco, noi vorremo vedere lo cavaliere». E quando fuorono nela sala, ed eglino si videro T.; e quando videro uno cotanto bello cavaliere, incominciaronsi molto a maravigliare com’egli non fosse pro cavaliere d’arme. Ed uno dei cavalieri disse: «Per mia fé, re siniscalco, io credo che questi sia per lo certo pro cavaliere a dismisura; imperciò ch’egli è troppo bello cavaliere e bene fatto per combattere. Onde a me sembra per lo certo ch’io l’abia giá veduto per altre fiate, ma non mi soviene in quali parti». E quando lo re siniscalco intese queste parole, disse: «Per mia fé, voi non udiste parlare unque di neuno cosí malvagio cavaliere, sí com’è egli. Onde sappiate che sed egli fosse tanto pro cavaliere, quant’egli è bello, io credo che sarebe lo migliore cavaliere che fosse al mondo; ma certo noi lo potemo appellare lo cavaliere bello e malvagio». E quando li due cavalieri intesero le parole dissero: «Per mia fé, noi ne maravigliamo assai di questo cavaliere, lo quale è cotanto bello. Ma tutta fiata potrebe essere, perché al mondo non hae tanti belli cavalieri, quanti sono quegli di Cornovaglia». Molto parlano li tre cavalieri di T.