La leggenda di Tristano/CCXXXVI

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CCXXXVI. — «Mia dolce dama,» disse T. «vorreste voi morire con meco?». «Amico,» disse ella «se m’aiuti Idio, unqua cosa nulla mai tanto disiderai». «Or» disse elli «or sono io troppo lieto. Dunqua averrá elli, se Dio piace; e credo, sicondo mio aviso, che serebbe vergogna [se T. morisse senza Y., perché semo stati] uno cuore ed una anima. E poi ch’elli è in tale maniera, mia dolce dama, che voi meco volete morire, elli è mistieri, se Dio m’aiuti, che noi moriamo ambendue insieme. Ora m’abracciate, se vi piace, che mia fine s’apressima molto. Io sono T. che sono venuto al chino». La reina Y. piange molto forte, quando ella intende queste parole, e simigliante fa lo re Marco. Senza fallo elli mostra bene, che di questa morte è dolente oltra misura. Dinas, che presso è di T., fae una mine sí dolorosa, che nullo no lo vedea, che non dicesse che veramente elli l’amava di cuore, e sí faceva elli senza fallo. Sagramor piange e tutti gli altri, e non ve n’ha che [non] preghi Idio che la morte li venga primamente. Poi ch’elli vedeno T. morire, tutti stanno in dolore e in pianto.