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la leggenda di tristano | 289 |
sapete, sí me lo insegnate e io lo farò tostamente. Se per
avere dolore e angoscia potesse morire nulla dama, se
m’aiuti Idio, io sere’ morta piú volte, poi che io venni qua
dentro. Ché io non credo che nulla dama unquamai fusse tanto
dolente, che io non sia assai piú, e s’elli fusse a mia volontá,
io morrei ora indiritto».
CCXXXVI. — «Mia dolce dama,» disse T. «vorreste voi morire con meco?». «Amico,» disse ella «se m’aiuti Idio, unqua cosa nulla mai tanto disiderai». «Or» disse elli «or sono io troppo lieto. Dunqua averrá elli, se Dio piace; e credo, sicondo mio aviso, che serebbe vergogna [se T. morisse senza Y., perché semo stati] uno cuore ed una anima. E poi ch’elli è in tale maniera, mia dolce dama, che voi meco volete morire, elli è mistieri, se Dio m’aiuti, che noi moriamo ambendue insieme. Ora m’abracciate, se vi piace, che mia fine s’apressima molto. Io sono T. che sono venuto al chino». La reina Y. piange molto forte, quando ella intende queste parole, e simigliante fa lo re Marco. Senza fallo elli mostra bene, che di questa morte è dolente oltra misura. Dinas, che presso è di T., fae una mine sí dolorosa, che nullo no lo vedea, che non dicesse che veramente elli l’amava di cuore, e sí faceva elli senza fallo. Sagramor piange e tutti gli altri, e non ve n’ha che [non] preghi Idio che la morte li venga primamente. Poi ch’elli vedeno T. morire, tutti stanno in dolore e in pianto.
CCXXXVII. — Quando T. vede apertamente ch’elli è a fine venuto, elli non puote piú durare, elli riguarda tutto intorno di sé e disse: «Signori, io muoio, io non posso piú durare. La morte mi tiene giá al cuore, che non mi lassa piú vivere. A Dio siate voi tutti racomandati». Quando elli ha dette tutte queste parole, «ai, Y., ora m’abracciate, sí ch’io finisca in vostre braccia; sí finerò ad agio, ciò m’è aviso». Y. si china sopra T. e, quando ella intende queste parole, ella s’abassa sopra suo petto, e T. la prende in sue braccia;