La fuga di Papa Pio IX a Gaeta/Capitolo XXIII
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XXIII.
Mentre ci eravamo acquartierati in questo modo a Gaeta, il Conte Spaur era giunto dopo un rapido viaggio verso le 11 della sera a Napoli, e fece fermare la sua carrozza innanzi al palazzo del Nunzio apostolico,e discese. Monsignor Garibaldi non era ancor venuto a casa, ma comparve poco tempo dopo. Il conte gli si presentò e gli disse che era latore di una lettera mollo importante di S.S diretta al Re, perii che lo pregava a procurargli senza indugio un’udienza se non voleva avere la responsabilità di ciò che altrimenti avrebbe potuto succedere. Il degno e saggio prelato ritornò immediatamente alla sua carrozza, e andò senza perdere tempo al palazzo reale. Giunto dal Re, che lo vide non senza stupore, in ora cosi insolita, ripetè semplicemente le parole del Conte, e avendo risposto S.M. che venisse subito, il Nunzio lasciò il palazzo e si recò nel vicino Albergo di Roma, ove mio marito erasi recato per cambiare gli abiti. Entrambi ritornarono al palazzo, ove Monsignor Garibaldi rimase nella sua carrozza in corte, dietro desiderio espresso del Re, forse per non aggiungere allo stupore degli impiegali di corte, forse anche per lasciar maggior libertà al latore del messaggio, che evidentemente era destinalo ad essere comunicato assolutamente soltanto al Re. Il conte entrò quindi solo nella stanza del Re, e gli presentò rispettosamente la lettera avuta dal Papa. Il re fu evidentemente preso da profonda commozione dalla lettura della medesima; abbracciò il latore e lo congedò colle parole: che voglia tenersi pronto per le ore 6 del mattino susseguente onde accompagnarlo a Gaeta.
Mio marito scese abbasso, dove lo aspettava il Nunzio, e comunicò allora a questi il segreto della lettera, al che Monsignor Garibaldi rispose: Me l’era ben immaginato. Si separarono e mio marito ritornò al suo albergo. Pieno di contento per l’esito felice di tutta la sua missione, e stanco dal lungo e rapido viaggio, si coricò sperando di poter riposare per alcune ore. Ma non era ancora suonata l’ora stabilita, che fu sveglialo coll’annunzio che il Re lo aspettava. Si alzò tosto, non volendo farsi attendere e corse al palazzo. Introdotto nelle camere di S. M. osservò con stupore e commozione che quel monarca, compreso da pia venerazione, aveva non solamente radunato tutta la sua famiglia intorno a sè per ricevere il Papa colle onorificenze a lui dovute, ma pieno di cure e per prevenire ogni occorrenza, aveva chiamato tutta la sua corte e due reggimenti, e fatto portare di arnesi e suppellettili tutto ciò che non si sarebbe potuto trovare nel piccolo Palazzo di Gaeta, e fra le altre cose diverse casse con camicie e lingerie, che venivano assai opportune, perchè il Papa nella fretta della sua fuga da Roma non ne era stato provveduto.
All’ora fissata tutti si imbarcarono sopra due vapori. Mio marito, invitato da! Re a prendere posto fra le persone della sua corte, si unì alle medesime, fra le quali vi era anche il principe di Aci, i Maggiori Nunziante, De Joung e Heiger, e la Marchesa del Vasto.