La fuga di Papa Pio IX a Gaeta/Capitolo XVIII
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XVIII.
Nella stanza assegnata al Santo Padre, entrarono il conte Spaur, il cavaliere d’Arnao e il Cardinale che presentò al Papa qualche cibo. Dopo mangiammo anche noi; in quanto a me era il terzo giorno che non aveva preso nulla. Le suddette tre persone richiesero poscia gli ordini dal Papa, che voleva rimanere per quanto era possibile incognito sino a tanto che l’annunzio del suo arrivo nel regno di Napoli non fosse giunto al Sovrano di quel paese. A questo fine egli diresse al medesimo il seguente scritto:
«Maestà! Il Sommo Pontefice, il Vicario di G. Cristo, il Sovrano degli stati della Chiesa si è trovato costretto ad abbandonare la capitale de’ suoi domini, per non mettere a repentaglio la sua dignità, e non avere l’apparenza di approvare col suo silenzio gli indicibili eccessi che furono e sono tuttora commessi in Roma. Egli è a Gaeta, ma non vi dimorerà che poco tempo, poichè non è nella sua intenzione di mettere in pericolo V. M. e la tranquillità de’ suoi sudditi, quando questa sua presenza potesse far correre alla medesima qualsiasi rischio.
Il conte Spaur avrà l’onore di presentare a V. M. questo foglio. Egli Le dirà il resto che la brevità del tempo non permette di aggiungere qui intorno al luogo, ove il Papa pensa dì recarsi fra poco.
Nella pace dell’animo, nella rassegnazione ai divini decreti, egli impartisce a V. M., alla sua reale Sposa e Famiglia la benedizione apostolica.
Mola di Gaeta, il 25 novembre 1848.
Pius Papa Nonus.» |
Avuta questa lettera per il Re, montò subito nella carrozza del cav. d’Arnao, prese il suo passaporto e corse a Napoli con tutta la velocità dei cavalli.