La fuga di Papa Pio IX a Gaeta/Capitolo XIV
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XIV.
Era già la notte avanzata ed oscura e il cielo minacciava una forte pioggia. Avendo la testa preoccupata da tante commozioni, e il corpo rotto dal digiuno e dalle fatiche, mi sentiva tormentata da una indicibile inquietudine, che andava sempre crescendo più che si avvicinava il punto del nostro convegno Era quello il luogo in cui doveva trovarmi seduta in modo confidenziale a fianco del venerabile capo della nostra fede! Non poter prostrarmi innanzi a lui, dover tralasciare quelle onorificenze, che nelle nostre prescrizioni religiose, fondate sopra antiche consuetudini, sono divenute una seconda natura per il romano, esigeva da me una superiorità d’animo, di cui appena mi sentiva capace. Ciò ripensando giunsi ad Ariccia.
Passammo per il paese in fretta, e scendemmo lentamente l’erto pendio opposto ove si apre la valle fra Ariccia e Genzano. La mia fantasia era così riscaldata che negli alberi e nelle rupi, presso le quali passavamo nella profonda oscurità e nel più assoluto silenzio, mi sembravano tutti oggetti di terrore. Allora sentimmo da lontano un acuto fischio: credetti di essere assalita da ladri o anche da qualche cosa di peggio, e incominciai a tremare come una foglia. Il fischio fu ripetuto e la carrozza si fermò. Io guardai fuori dello sportello per domandare cos’era? Ma mi ritrassi pallida come la morte, e la parola mi rimase in gola, allorché vidi presso di me un carabiniere. Ma egli domandò cortesemente: V. E. desidera qualche cosa? e allora mi accorsi che. era là per caso, essendo uno di quelli che facevano la guardia sulla strada. Il fischio era probabilmente un segno convenuto fra essi e i nostri postiglioni. Ripresi animo, guardai intorno, e vidi il conte, di dietro di lui altri carabinieri, mentre un uomo in abito oscuro si appoggiava colla schiena alla sbarra, che serviva di riparo alla strada. Ad esso io diressi tosto la parola convenuta: Dottore, montate presto in questa carrozza, perchè di notte non viaggio volontieri sola! Uno dei carabinieri aprì lo sportello della comoda berlina e calò la predella: il dottore montò nella carrozza, il soldato la chiuse di nuovo, e mi augurò buon viaggio, assicurandomi che potevamo essere tranquilli, perchè la strada non offriva alcun pericolo.