La fuga di Papa Pio IX a Gaeta/Capitolo III

Capitolo III

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III.

Tutto questo subuglio si dirigeva verso il Quirinale. Mio marito tenne dietro alla folla per vedere la piega che avrebbero preso gli avvenimenti. Poco dopo mi fece avvertire di non angustiarmi se non ritornava sì tosto a casa, perchè si era recato presso la persona del Papa. Io stava ancora pensando quale motivo lo poteva avere indotto a recarsi presso S. S., allorchè fui scossa dal confuso e ripetuto grido: All’armi! all’armi! Affacciandomi alla finestra vidi la folla precipitarsi dal Quirinale in onde sempre crescenti. Il popolo tumultuava e chiedeva armi, minacciando di voler assalire gli infami svizzeri, che essendo poco più di sessanta, con onorevole risolutezza avevano calate le alabarde contro i cittadini, allorchè questi fecero un tentativo di penetrare nel palazzo.

Quale fosse in questo momento la situazione del mio animo, Ella può facilmente immaginarsi. Io non vedeva e non sentiva altro che un correre per armi, lo strepito dei fucili, minaccio di morte ai croati del palazzo, il popolo che furente si recava da quella parte. Sino dal giorno precedente mi slava dinanzi agli occhi il pugnale insanguinato, e mi riempiva di terrore: ora mi si rizzavano i capegli al solo pensiero di ciò che poteva accadere. Io voleva andarvi e portare un’arma a mio marito, perchè riparasse sè e l’infelice sovrano popolo tumultuante. Nella mia disperata agitazione aveva già afferrato due pistole e voleva sortire, quando una persona mi venne incontro e vedendomi in quello stato, fuori di me stessa, mi trattenne coi consigli, colle preghiere, e colle rimostranze da un passo forse [p. 11 modifica]sconsiderato. Ma io rimasi con mio figlio in uno stato d’angoscia e di tristezza, quale io non aveva mai provato maggiore.