La fisica dei corpuscoli/Capitolo 10/7
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7. — Trasformazione di atomi — Gli atomi sono dei sistemi composti, ma gli elementi che essi contengono sono sempre gli stessi per tutti gli atomi che conosciamo. Un elemento comune a tutti gli atomi è l’elettrone, ogni atomo ne contiene un numero più o meno grande. Gli altri elementi che intervengono nella costruzione degli atomi sono al più due, i corpuscoli positivi, e la massa materiale. Di questi due non sappiamo in che forma intervengono.
Il sistema che ne risulta ha senza dubbio una stabilità molto grande perchè in tutti, o quasi tutti i fenomeni che consociamo, nell’analisi o nella sintesi dei corpi, gli atomi tornano sempre a presentarsi nella stessa forma con le stesse proprietà di grandezza, di peso, di forze. Ma, per quanto grande, pure la stabilità dell’atomo non però essere illimitata, anzi in alcuni casi, come nei corpi radiattivi, assistiamo ad uno sgretolamento spontaneo dell’atomo, in altri sappiamo provocarlo.
Ed allora, se veramente gli elementi di cui sono costituiti sono gli stessi per tutti gli atomi, non deve essere impossibile che da atomi di un corpo elementare, o di più corpi elementari, si giunga ad ottenere atomi di uno o più elementi diversi da quelli che sono intervenuti nel processo.
Gli esempi delle trasformazioni radiattive non devono essere le sole possibili. I corpi radiattivi si comportano in sostanza come se fosse corpi composti; il loro atomo si scinde in due o più atomi di altri corpi elementari, e soltanto in un numero ben limitato di modi.
Uno dei corpi che sembrerebbe più facile da ottenersi dovrebbe essere l’idrogeno, eppure non si ottiene dai corpi radiattivi, o almeno i pochi casi in cui se ne è avuto traccia non sono ben accertati.
Esistono però una serie di altre ricerche e di studi che sembrano confermare le previsioni circa la trasformazione di atomi, e la costruzione di corpi elementari ottenute col frantumamento di altri.
Il Ramsay iniziò una serie di ricerche che, quantunque non si può dire abbiano dato fin qui risultati definitivi, tuttavia non possono essere trascurate.
Egli ricorreva, per la frantumazione degli elementi, all’azione degli atomi di elio. Questi, che non sono altro che particelle , possiedono, come sappiamo, un’energia grandissima, per cui passano con grande felicità attraverso gli atomi dei corpi e li disgregano, e non si arrestano se non dopo aver compiuto un’opera di distruzione molto vasta. È dunque il mezzo più potente che si conosca la demolizione di sistemi così stabili come gli atomi. Ma da questa demolizione, in condizioni opportune, e date le azioni scambievoli che possono esercitare tra loro gli elementi che costituivano l’atomo, possono sorgere altri edifici più o meno complessi, altri atomi.
I risultati più importanti e più accertati che il Ramsay e i suoi collaboratori hanno ottenuto, sono riassunti in una conferenza da lui tenuta alla Società chimica italiana in Roma1. Egli è riuscito a costruire il neon dall’azione dell’emanazione del radio, che viene chiamata niton, sull’acqua. Sembra che in quest’azione un atomo di elio si unisca ad uno di ossigeno e diano il neon. Il peso atomico di questo elemento è 20, ed è appunto eguale al peso di un atomo di ossigeno (16) più uno di elio (4).
L’azione dell’elio sullo zolfo ha dato argon, e questo stesso elemento si è ottenuto facendo agire l’idrogeno sullo zolfo. Alcuni sali di rame in soluzione trattati con niton hanno prodotto litio.
Anche i raggi catodici possono dare effetti analoghi. Così la loro azione sul vetro in presenza di idrogeno ha prodotto elio e neon, mentre agendo sul selenio sembrano aver sviluppato idrogeno, mercurio, cripton.
L’azione del niton poi su alcuni corpi semplici come silicio, zirconio, titanio e torio sembrano aver prodotto anidride carbonica.
Non tutti questi risultati sono egualmente certi, ma di alcuni di essi, a quanto afferma il Ramsay, non si può dubitare. Gli studi ulteriori ci diranno forse nuove meraviglie, e senza dubbio ci diranno molto sulla struttura dei corpi.
Note
- ↑ Ramsay, Rend. Soc. chim. ital. serie II, v. 5, p. 145 (1913).