La fine di un Regno (1909)/Parte III/Documenti vol. I/XIV
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La tragedia di Nicola Romano.
Delle varie pubblicazioni, la più recente e la più bizzarra è una tragedia di Nicola Romano d’Acri, dal titolo Agesilao Milano, 6 col motto exoriare aliquis nostris ex ossibus ultor. Sono personaggi della tragedia, oltre al Milano, Attanasio Dramis, Giuseppe Fanelli, Giambattista Falcone, il ministro Bianchini1, gli studenti Trioli e Isidoro Gentile, e alcuni agenti di polizia. Fu stampata a Nola (tipografia Rubino e Scala) nel 1897, ed è dedicata ai tremila studenti, che furono tanta parte di mia vita operosa, dice il Romano, che era un professore. È preceduta da molte notizie fantastiche. Si afferma che Agesilao fu tra le squadre degl’insorti nel 1848; che combattè valorosamente a Castrovillari e a Spezzano; che fu arrestato e chiuso nelle carceri di Cosenza, ove maturò il disegno del regicidio, e per recarlo ad effetto, risolse di arrolarsi nell’esercito. Il Romano afferma che Agesilao rivelò il proposito di ammazzare il re al Dramis, al Fanelli e al Falcone, ammettendo che il determinare a compiere l’attentato influissero il richiamo dei ministri di Francia e d’Inghilterra, e le riprese trattative con l’Argentina per la deportazione dei prigionieri politici. È una pubblicazione stravagante, in cui il tragico degenera nel comico, rasenta il grottesco, e la rettorica impera. Agesilao si fa parlare peggio di un eroe di Metastasio; i suoi amici da retori; i birri da birri, e Bianchini insulsamente.2
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E la rifioritura continua. Nel fascicolo V dell’Italia Moderna, del 15 marzo 1898, è pubblicato un articolo di Gemma Caso, dal titolo: Giambattista Falcone e la setta dei fratelli pugnalatori. In esso si congettura che il Falcone appartenesse a questa setta; ed essendo amico del Milano e del Nociti, questi potessero anche farne parte. Neppure queste congetture resistono alla logica più elementare. E Paolo Emilio Bilotti, autore del recente libro: La spedizione di Sapri, par che creda alla sua volta che il Milano possa aver appartenuto a società segrete, forse a quella dei Figli della vendetta.
Ed è anche da ricordare un’ode di Vincenzo Stratigò di Lungro, alunno anch’egli del collegio italo-greco. Passando a rassegna i giovani albanesi, alunni di detto Collegio, morti per causa di libertà, e fra essi Pasquale Baffi, appiccato nel 1799; Donato Tocci, zio materno di Guglielmo, trascinato a coda di cavallo dalle turbe sanfediste per le vie di Napoli,; e Raffaele Camodeca, fucilato nei moti di Cosenza del 1844, ricorda enfaticamente i tre giovani eroici, morti straziati dalle soldatesche regie nel 1848, a Rotonda, per non aver voluto gridare: viva il re, e infine Agesilao Milano con questi versi:
O Chiodi, o Tocci, o Mauro altero |