Giuseppe Gioachino Belli

1834 Indice:Sonetti romaneschi III.djvu sonetti letteratura La fatica Intestazione 2 novembre 2022 25% Da definire

Papa Sisto La stampijja der zantàro
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

[p. 267 modifica]

LA FATICA

     Nun te senti a ssonà cche st’angonia1
Da l’abbati cór furmin’a ttre ppizzi:2
“Fijji, trovate a ffaticà, ppe’ vvia3
Che ll’ozzio è ’r padre de tutti li vizzi.

     Loro4 penzino a ssé: ppe’ pparte mia
Io l’aringrazzio de sti bboni uffizzi.
Io er giorno accatto,5 e ppo’ a la vemmaria
Pe’ ddormì, a Rroma, sce sò bboni ospizzi.6

     Jeri anzi un prete ch’è ssempr’imbriaco7
Me fesce:8 “Ar manco,9 fijjo mio, lavora
Pe’ ammazzà er tempo.„ Ma io me ne caco.

     E jj’arispose:10 “Sor don Fabbio Sponga11
Ammazzatelo voi, perch’io finora
Vojjo la vita che mme pari12 longa.„

9 aprile 1834

Note

  1. Agonia. “Non ti senti che a ripetere questo mal suono„, ecc.
  2. Fulmine a tre pizzi: il cappello triangolare de’ preti.
  3. Poichè.
  4. Eglino.
  5. Accattare, per semplicemente questuare.
  6. Ci sono buoni ospizi. V’è quella fondato dalla matrona romana S. Galla, della famiglia degli Odescalchi, il nome della qual santa difficilmente giungerà a farsi assumere da alcun’altra matrona. Galla qui equivalendo a “civetta, pettegola.„
  7. Ubbriaco.
  8. Mi disse.
  9. Almeno.
  10. Gli risposi.
  11. Sponga (spugna): colui che succia assai vino; ubbriacone.
  12. Mi paia.