Prefazione
di Ignazio Moutier

../ ../Canto I IncludiIntestazione 23 ottobre 2010 100% letteratura

La caccia di Diana Canto I

[p. 3 modifica]Chiunque abbia pratica della lingua, delle frasi e della poesia del Boccaccio, inclinerà facilmente a credere opera sua il presente Poemetto intitolato la Caccia di Diana, che ora fo di pubblica ragione, togliendolo dall’oblio e dall’oscurità in cui giaceva da più secoli nei manoscritti. Il Poccianti e il Negri nei loro cataloghi degli Scrittori fiorentini fanno menzione di quest’opera attribuendola al Certaldese, ma non ho mai potuto trovare che sia stata da altri pubblicata; e quand’anche si trovasse che fosse stata data alla luce sotto diversa denominazione, nessuno [p. 4 modifica]certamente vorrà negarmi il merito d’essere io stato il primo a pubblicarla fregiata del nome del suo vero autore.

In tutti i codici da me veduti, questo poemetto non porta altro titolo che Caccia di Diana, o non ne ha nessuno; ma l’averlo il Poccianti attribuito al Boccaccio è prova che egli deve averlo incontrato in qualche codice col nome dell’autore: dietro il Poccianti, il Negri, e il Mazzuchelli nella sua grand’opera, annoverarono la Caccia di Diana fra le opere del Boccaccio. Queste notizie non erano che di poca autorità per indurmi alla credenza dei precitati scrittori, ma volli convincermene con un accurato esame del poemetto stesso, di cui per buona ventura diverse copie ne trovai esistere nelle nostre doviziosissime patrie biblioteche. Le mie ricerche non mi fornirono, è vero, nessuna prova autentica e di fatto intorno al nome dell’autore della Caccia di Diana, ma da replicato studio e diligente sopra questo poemetto ne riportai la convinzione sincerissima che il suo autore fosse quello stesso che dettò l’Amorosa Visione. Lo stile, il verso, il fraseggiare, la scelta delle voci, tutta insomma la tessitura della Caccia di Diana parmi essere identica coll’Amorosa Visione; e non è da omettersi che nei codici si trova spesso l’Amorosa Visione precedere la Caccia di Diana.

La natura e il contenuto del poemetto consolidano vie maggiormente la mia opinione. Ognun sa [p. 5 modifica]in quanta stima fosse tenuto il Boccaccio alla corte della regina Giovanna di Napoli, e tutti conoscono i suoi amori con l’amorosa Fiammetta, che vien supposta fondatamente essere stata Maria figliuola naturale del re Roberto. In questo poemetto vengono introdotte cinquantotto donne appartenenti a primarie nobilissime famiglie del Regno, che tutte vengono nominate, ma soltanto si tace il nome di una sola, che qualifica il poeta col nome di Bella Donna. In lode di questa, che credo doversi interpetrare per la sua Fiammetta, consacra quasi tutto il Canto XVIII, che è l’ultimo del poema, e dopo una lunga serie di lodi passionatissime, aggiunge di voler por fine al dire, riserbandosi di più parlar di lei in parte degna di maggior lode. Da ciò può supporsi, che questa operetta fosse un ossequioso omaggio che la musa del Boccaccio offriva alle nobili e belle donne della corte della regina Giovanna, fra le quali doveva primeggiare la sua Fiammetta, a cui lode consacrò quasi tutte le opere sue.

Quattro sono i codici dei quali mi son giovato per la pubblicazione del presente poemetto; tre di questi si conservano nella libreria Riccardiana sotto i numeri 1059. 1060. 1066. e uno nella Biblioteca Laurenziana Pluteo 90 superiore, Codice 93. Benchè opera di piccola mole, pure confesso di avervi dovuto dedicare assai più di tempo e di studio che si possa generalmente supporre, nè so qual merito s’aspetti all’opera mia. Il [p. 6 modifica]convincimento però di avere arricchita l’italiana letteratura di un’opera sconosciuta del gran prosatore, e degna di essere giustamente a lui attribuita, m’è di conforto alle fatiche che da lungo tempo sopporto per tentare l’emendazione delle opere volgari del Certaldese.