La Gemma del Fiume Rosso/14. L'interrogatorio del tha-ybu
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L’interrogatorio del tha-ybu
Un quarto d’ora dopo, Sun-Pao entrava come una bomba nell’abitazione del capo delle Bandiere Nere, che si trovava all’estremità del villaggio, dietro un bastione difeso da alcuni vecchi cannoni di ottone.
Pareva che il capo delle Bandiere Gialle fosse improvvisamente impazzito o per lo meno in preda ad uno sbalordimento impossibile a descriversi.
Kin-Lung, che non si era ancora coricato, giacché amava passare buona parte della notte a bere coi suoi sotto-capi, vedendo entrare il rivale cogli occhi in fuori, la fronte inondata di sudore ed i lineamenti sconvolti, aveva subito intuito che qualche avvenimento straordinario doveva essere accaduto per ridurre in quello stato il capo delle Bandiere Gialle, uomo tutt’altro che facile ad impressionarsi.
– Cos’hai, Sun-Pao? – gli chiese, guardandolo con stupore, mentre faceva cenno ai suoi sotto-capi di ritirarsi.
– Che cosa ho! – esclamò Sun-Pao, quando la porta fu chiusa. – Ho da dirti che noi siamo stati mistificati e che Lin-Kai non solo è vivo ma è anche al sicuro.
– Sogni, o hai bevuto troppo questa sera? – chiese Kin-Lung, il quale tuttavia era diventato pallido.
– Ne ho le prove.
– Lin-Kai vivo! – esclamò il capo delle Bandiere Nere.
– E so chi lo ha rapito e chi ha ucciso i tuoi uomini che dovevano sorvegliarlo.
– Il suo nome! – gridò Kin-Lung, con accento feroce.
– Il tha-ybu.
– È impossibile! Un uomo cieco, vecchio, quasi privo di forze, non può aver affrontato e ucciso due uomini giovani e valorosi.
– Ti ripeto che è stato il tha-ybu – disse Sun-Pao e aggiunse inoltre che Sai-Sing ormai sapeva che Lin-Kai era vivo.
Una spaventevole bestemmia sfuggì dalle labbra del capo delle Bandiere Nere, mentre digrignava i denti come una belva feroce.
– Spiegati, Sun-Pao – disse, tergendosi alcune gocce di freddo sudore che gl’imperlavano la fronte. – Narrami tutto, poi ci occuperemo di Lin-Kai. Vivo ancora? E per quante ore? Lo ucciderò, dovessi sfidare l’ira di Sai-Sing.
Quand’ebbe appreso da Sun-Pao tutto ciò che era avvenuto e quello che aveva udito, la collera di Kin-Lung, fino allora a malapena frenata, scoppiò terribile.
– Il tha-ybu la pagherà pel primo! – gridò furibondo. – Noi faremo a meno della sua profezia e Sai-Sing dovrà egualmente scegliere me o te. Se vuoi noi ce la disputeremo colle armi alla mano.
– Di ciò parleremo dopo – disse Sun-Pao. – Occupiamoci ora di far scomparire il nostro rivale che è il più temibile di tutti perché possiede il cuore di Sai-Sing.
– Non hai potuto sapere dove si trova?
– In una caverna marina, ma in quale? Tu sai che ce ne sono molte nell’isola, che non sono mai state esplorate da nessuno.
– Ce lo dirà il tha-ybu – disse Kin-Lung, con voce risoluta.
– E se si rifiutasse?
– Sapremo convincerlo con argomenti scottanti – rispose il capo delle Bandiere Nere con un crudele sorriso. – Non perdiamo tempo e andiamo a trovarlo.
– E se costringessimo Man-Sciù a parlare?
– Sai-Sing lo saprebbe subito ed a noi conviene che ella ignori che noi conosciamo il suo segreto.
– Sei più forte di me nelle riflessioni – disse Sun-Pao con accento un po’ beffardo.
– Dove hai lasciato il tuo luogotenente?
– M’aspetta dinanzi la porta.
– Io condurrò con me il mio, onde possiamo essere di pari forze.
– Sospetteresti di me?
– Siamo rivali e non si sa mai che cosa può accadere – rispose Kin-Lung. – La scogliera è pericolosa ed un urto dato al momento opportuno può rompere le gambe e anche la testa.
– È vero – rispose Sun-Pao, sempre beffardo.
Kin-Lung chiamò il suo luogotenente, un bandito di forme erculee e dal viso feroce, che nella cintura di seta aveva un vero arsenale fra pugnali, coltellacci e pistoloni, poi tutti e tre scesero nella via, dove Lami, non meno armato, li aspettava.
La luna era allora tramontata e tutti dormivano da lunga pezza nel villaggio, sicché i quattro banditi poterono raggiungere inosservati il pericoloso sentiero che fiancheggiava l’alta scogliera.
Quando giunsero presso la piattaforma della caverna delle rondini marine, scorsero il tha-ybu che girava come un pazzo sul margine della roccia, curvandosi di quando in quando sull’abisso.
– È così che interroghi gli astri, Cantubi? – chiese Kin-Lung con voce ruvida, inoltrandosi sulla piattaforma. – Che io sappia, le stelle non hanno mai brillato fra le onde e le scogliere.
Il tha-ybu, vedendo comparire quei quattro uomini, che aveva subito riconosciuti, aveva provato un brivido di spavento. Il ritorno improvviso di Sun-Pao, assieme al capo delle Bandiere Nere, non gli pareva di buon augurio.
Nondimeno soffocò le angosce che torturavano il suo cuore, causate dall’incertezza della sorte toccata a Man-Sciù ed a Ong e rispose con voce tranquilla:
– Il tha-ybu interroga gli astri ed anche il mare. Di che cosa ti lagni tu? Non si sono sempre avverate le mie profezie?
– È vero – rispose Kin-Lung con un sorriso sardonico. – Dubito però che tu riesca ad indovinare quanto io vorrei sapere.
– A chi toccherà la Gemma del Fiume Rosso? – chiese Cantubi. – In tal caso ti dirò quanto dissi poco fa al tuo rivale.
– Non si tratta in questo momento della futura regina delle isole – rispose Kin-Lung con voce dura. – Io vorrei sapere da te, che indovini tante cose, dove è fuggito Lin-Kai perché al nostro ritorno non l’abbiamo più ritrovato nel luogo ove io l’avevo relegato.
Il tha-ybu provò un brivido e pensò fra sé:
– Qualcuno mi ha tradito.
Pure, fingendo la più alta sorpresa, disse:
– Lin-Kai non può essere fuggito; un uomo che ha bevuto il filtro rosso non ha forze per allontanarsi.
– Eppure ha ucciso i suoi guardiani.
– Lui! È impossibile.
– Allora sarà stato qualche altro – disse Sun-Pao, intervenendo – e tu che sei l’indovino delle nostre tribù devi scoprirlo.
– Bisognerà prima che io interroghi gli astri – rispose Cantubi – e mi occorreranno parecchie notti. Ora sono occupato a studiare la stella che deciderà la sorte della Gemma del Fiume Rosso e che a voi preme più di tutto.
– T’inganni, vecchio – disse Kin-Lung. – È la sorte di Lin-Kai che ci preme conoscere per ora, o meglio sapere in quale caverna marina egli si trova nascosto.
Il tha-ybu questa volta provò un brivido così forte, che non sfuggì ai quattro banditi.
– Cantubi – disse Sun-Pao colla sua voce beffarda. – Si direbbe che tu tremi.
– Infatti ho freddo – rispose il disgraziato indovino.
– Freddo o paura?
– Paura, e di che? – chiese il tha-ybu, cercando, con uno sforzo disperato, di mostrarsi tranquillo.
– Sai che cosa si dice nelle isole di te?
– Che sono un indovino?
– Sì, ma che sei anche un abile furfante – disse Kin-Lung.
– Spiegati.
– Si dice che tu hai assassinato due uomini.
– Io! – esclamò il tha-ybu.
– Due Bandiere Nere – prosegui Kin-Lung.
– Un cieco!... Come potrei io uccidere due uomini se voi mi avete fatto scoppiare gli occhi?
– Eppure ne abbiamo le prove.
– Chi sono quei due uomini?
– Quelli che vegliavano su Lin-Kai o meglio che erano incaricati di farlo morire lentamente di fame – disse Kin-Lung.
Cantubi si asciugò col dorso della mano alcune stille di sudore freddo che gli bagnavano la fronte, poi disse con suprema energia:
– Coloro che ti hanno detto ciò sono dei vili calunniatori che hanno giurato di perdermi. Io assassinare due uomini!... Come potrei lasciare questa caverna se sono privo della luce? Nessun tha-ybu potrebbe fare una simile cosa, per quanto egli fosse famoso e protetto da Gautama e dallo Spirito Marino. Quelli che ti hanno detto ciò sono dei miserabili. Dimmi chi sono e lancerò su di loro un tale maleficio da farli morire prima di otto giorni.
I quattro banditi si guardarono l’un l’altro un po’ impressionati da quella terribile minaccia, ma poi Kin-Lung che, se era il più crudele dei pirati, era anche il meno superstizioso, disse subito:
– Lancia pure i tuoi malefici su coloro che ci hanno raccontato ciò e che ti hanno accusato; già tu, con tutta la tua scienza, non riuscirai mai a sapere chi sono. Dimmi invece dove hai nascosto Lin-Kai.
– Io non ho mai veduto Lin-Kai – disse Cantubi.
– Lo neghi?
– Sì.
– E affermi di non averlo rapito?
– Sono cieco. Tu lo sai, e non ho mai abbandonato questa caverna.
– Sapremo strapparti quanto tu ci nascondi – disse Kin-Lung.
– Tu oseresti?
– Aspetta un po’ e lo saprai.
Fece un cenno ai due luogotenenti.
Non era ancora passato un secondo che il disgraziato vecchio giaceva al suolo trattenuto dalle mani di ferro dei due pirati.
– Ci vuoi dire dove hai nascosto Lin-Kai? – chiese Kin-Lung.
– Ti ho detto che non l’ho mai veduto essendo cieco e coloro che ti hanno raccontato che io l’ho fatto fuggire sono dei miserabili calunniatori che cercano di perdermi.
– Raccogliete delle alghe – disse Kin-Lung.
Lami s’avanzò verso la scogliera e prese una bracciata di fuchi ben secchi che mise sotto i piedi del tha-ybu.
– Mi tormenti? – chiese Cantubi, con voce strozzata.
– Voglio che tu confessi – rispose Kin-Lung freddamente.
– Allora puoi uccidermi, perché io non posso dire ciò che non so.
– Lo vedremo – rispose Kin-Lung facendo un altro segno ai due luogotenenti.
Lami estrasse dalla sua borsa l’acciarino e l’esca e fece cadere sulle alghe alcune scintille. Un fumo, dapprima denso, si sprigionò, poi una fiamma vivissima avvolse crepitando i piedi nudi del disgraziato indovino.
La pelle si annerì, poi crepitò.
– Miserabili! – urlò il tha-ybu contorcendosi disperatamente.
– Confessa! – disse Kin-Lung freddamente.
Cantubi mandò un urlo acutissimo, ma strinse le labbra e si morse la lingua.
– Getta degli altri fuchi – disse Kin-Lung, volgendosi verso Lami. – Il vecchio non resisterà e parlerà. Se si ostina gli cucineremo i piedi.
Cantubi aveva mandato un secondo urlo più acuto del primo.
Le fiamme cominciavano a calcinargli la pianta dei piedi.
– Parlerai? – chiese Kin-Lung, curvandosi su di lui.
– Non so nulla – ruggì Cantubi. – Io sono un povero cieco.
– Eppure noi abbiamo le prove che tu sai dove è nascosto Lin-Kai.
– Non è vero.
– Bada che ti bruceremo vivo se ti ostini a negare.
Cantubi mandò un altro urlo più straziante del primo. Un odore nauseante di carne bruciata si spandeva per l’aria.
Sun-Pao afferrò l’indovino per le braccia e lo trasse fuori della fiamma.
– Confessa adunque, ostinato – gli gridò. – Noi sappiamo che delle persone hanno condotto Lin-Kai in una caverna.
– Delle persone!... Sì!... – esclamò il tha-ybu. – Voi siete stati traditi.
– Finalmente! – esclamò Kin-Lung. – Da chi?
– Non lo so ancora... ma lo saprò se mi lasciate il tempo di interrogare gli astri.
– Sono nostri uomini?
– Sì – rispose Cantubi che aveva preso una risoluzione disperata. – Una stella che io osservavo da parecchie sere mi ha rivelato quel tradimento.
– E dove l’hanno condotto?
– In una caverna marina.
– In quale?
– Ancora non l’ho potuto sapere, ma deve trovarsi su quest’isola.
In quell’istante Lami mandò un grido.
– Capo! – esclamò, volgendosi verso Sun-Pao.
– Cos’hai? – chiese il pirata.
– Ti ricordi quella spaccatura che abbiamo osservato presso la scogliera?
– Sì! – esclamò Sun-Pao, colpito da quella domanda.
– L’abbiamo raccolta là!...
– E tu credi?...
– Andava a trovarlo, ne sono sicuro.
– La...
– Silenzio, capo, non pronunciamo quel nome dinanzi al thaybu.
– Mille pescicani!... Tu hai ragione, Lami. Kin-Lung, noi lo troveremo.
– Chi? – chiese il capo delle Bandiere Nere.
– Lin-Kai.
– Tu dunque sapevi dove si trovava?
– No, ma ne ho il sospetto.
– Dov’è quella caverna?
– Qui vicina.
– Voi – disse Kin-Lung, volgendosi verso i due luogotenenti – impadronitevi di quest’uomo e seguitemi. Le Bandiere Nere e Gialle faranno a meno del loro tha-ybu. Quest’uomo è un miserabile, ma noi gli faremo pagar caro il suo tradimento.
– Io non ho tradito nessuno – urlò il disgraziato indovino.
– Ne sappiamo abbastanza sul tuo conto – rispose l’implacabile Kin-Lung. – Li chiuderemo insieme nella caverna marina e vedremo se sapranno poi uscire e se gli astri li aiuteranno. Andiamo, Sun-Pao.
– Ti precedo – rispose il bandito, mentre Lami afferrava fra le robuste braccia il tha-ybu. – Sono certo di non ingannarmi.