La Cortigiana (1525)/Atto terzo/Scena ottava
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Pietro Aretino - La Cortigiana (1525)
Atto terzo
Scena ottava
Scena ottava
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Parabolano e Rosso.
- Parabolano
- È pur dolce cosa amare et essere amato!
- Rosso
- Dolce cosa è il mangiare e ’l bere.
- Parabolano
- Dolce sarà la mia Laura!
- Rosso
- Per chi la vuole! Io per me fo piú stima d’un boccale di greco che non faría d’Angela greca, e vorrei prima una pernice che Beatrice; e se per esser ghiotto se gissi in Paradiso, io sarei a quest’ora in capo di tavola.
- Parabolano
- Si tu assaggiassi l’ambrosia che stillano l’amorose bocche, ti parría altra dolcezza trovare che nel greco e ne le starne.
- Rosso
- N’ho gustato un migliaro e de Lorenzina, Madrama non vuole, e de l’altre favorite e non ci trovai mai altro che farfalloni che faríano stomacare un brigantino.
- Parabolano
- Tu simigli le grue a le pernice; abbia rispetto a le gentildonne.
- Rosso
- Perché, non pisciano come le villane?
- Parabolano
- È pazzia, la mia, a parlar teco.
- Rosso
- Pazzia è la mia a respondervi. E diteme un poco, padrone. Non è piú dolce che l’ambrogie che voi dite, quel mèle che sgocciola da le lingue che sanno dire bene e male? Qui te colgo!
- Parabolano
- Ah, ah, ah!
- Rosso
- Oh, quei sonettini di Maestro Pasquino mi amazzorno e meritaríano, disse el barbierario, ch’ogni matina se ne leggessi un fra la Pístola e ’l Vangelo; e al cul de mio... che faríano arrossire la vergogna!
- Parabolano
- Tu sei molto pratico con i poeti.
- Rosso
- Io fui servitore di messer Antonio Lelio, e so mille galanterie a mente.
- Parabolano
- Deh, ragioniamo d’Aloigia; andiam dentro.