La Cortigiana (1525)/Atto secondo/Scena quinta
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Pietro Aretino - La Cortigiana (1525)
Atto secondo
Scena quinta
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Flaminio e Sempronio, vecchio.
- Sempronio
- Donque, tu mi consigli di metter Camillo mio figliolo al servizio de la Corte?
- Flaminio
- Sí, se già il tuo figliolo odiassi da inimico.
- Sempronio
- Molto è intristita la Corte al tempo di voi altri cortigiani. Io mi ricordo che quando io stetti con Monsignore Reverendissimo che non era altro paradiso, e tutti eravamo ricchi, favoriti e fratelli.
- Flaminio
- Voi vecchi ve ne andate dietro a le regole del tempo antico e noi siamo nel moderno, in nome del centopaia! Al tempo tuo a un servitore di papa Janni era dato letto, camera, legne, candele, cavalcatura, pagato la lavandara, il barbieri, il salario del garzon, e ’l vestito doe volte l’anno; e adesso un povero cortigiano a pena è accettato, [ha] a comprarsi l’acqua e il fuoco, e quando pure pure t’è fatto carezze, te si concede un mezzo famiglio. Or pensa come è possibile ch’un mezzo uomo basti a un intero! Quanto c’è di buono è che se tu t’ammali, ancor che fussi in lor servitú, ti si provede d’un spedale, e con mille prieghi.
- Sempronio
- O che fanno egli de tante entrate?
- Flaminio
- A le puttane e ragazzi, o veramente moiono senza cavarsi mai la fame, e poi lasciano quindici o venti milia scudi a tali che non traríano una coreggia per l’anima loro.
- Sempronio
- Gran pazzia, però.
- Flaminio
- Almen trattassero ben la famiglia! Sai tu come fanno i ribaldoni?
- Sempronio
- Non io.
- Flaminio
- Gli hanno imparato a mangiar soli in camera e dicano che ’l fanno perché doi pasti il giorno gli amazza e che la sera fanno colazione leggieri leggieri: e i miseroni lo fanno perché non si trattenghino i poveri virtuosi a la tavola loro.
- Sempronio
- Gran vergogna, per certo, e gran meccanecaría.
- Flaminio
- Non fu bella quella del Molfetta che, avendo speso el suo spenditore doi baiocchi piú che ’l solito in una laccia, non la volse? Onde certi della famiglia, e cosí lo spenditore, messono tanto per uno e comperòrla e cotta per mangiarla insieme, el bon vescovo, sentito l’odore e corso in cocina, volse anch’egli pagare la rata sua per mangiarne, e i buon compagni non volsero.
- Sempronio
- Ah, ah; eh, eh; oh, oh; uh, uh!
- Flaminio
- Una altra piú bella. Io ho inteso in casa del Ponzetta, che fu un Monsignore Reverendissimo, che faceva mettere un ovo e mezzo per frittata e facevalo poi porre ne le forme dove pigliano le pieghe le berette. Avvenne una mattina un caso strano, ch’un vento le portò sino a le scale de S. Pietro come porta le fronde lo autunno, e cadevono in capo a le genti a guisa di diadema.
- Sempronio
- Ah, ah, ah!
- Flaminio
- Odi questa altra. Voi avevate per maestri di casa gli uomini e noi le donne. Le matri de’ nostri padroni ci dànno contumacia, assaggion vini, se c’è poca acqua, tengon le chiavi de le cantine, dànno a conto i bocconi: tanti el dí de le feste e tanti i dí neri; e ci misurano sino a le minestre.
- Sempronio
- So che ’l mio figliolo starà in casa sua.
- Flaminio
- Dipoi fatto un cortigiano, è fatto un invidioso, ambizioso, misero, ingrato, adulatore, maligno, iniusto, eretico, ipocrito, ladro, ghiotto, insolente e busardo; e se minor vizio che ’l tradimento si trovassi, direi che ’l tradimento è il minor peccato che ci sia.
- Sempronio
- Come, i ladri ancora sono in Corte?
- Flaminio
- Ladri, sí! Il minor furto che ci si faccia è el robarsi dieci o venti anni a la vita e servitú tua, e non si attendere ad altro ch’aspettare che muoia questo o quello; e se per sorte avvenne che colui del quale hai impetrati [i] benefizii campi, tutti quei fastidi, tutte quelle febbre e dolori che ha avuto nel male quello per la morte del quale credevi esser ricco, tormentono te, sconsolato per la sanità sua. Cose crudeli a desiderare la morte a chi non ti offese mai!
- Sempronio
- Non m’aiuti Dio, se Camillo serve mai Corte.
- Flaminio
- Sempronio, se tu ti consigli meco perché io dica a tuo modo è una, ma se tu vuoi ch’io dica el vero è un’altra.
- Sempronio
- Ti sono obligatissimo, Flaminio, e conosco che sei verace uomo e da ben. Io delibero non mandare il mio figliolo con niuno e ci riparleremo piú per agio. Io voglio ire a pigliare i denari del mio offizio al banco de li Strozzi.
- Flaminio
- E io mi tornerò in Corte a consumarmi de dispiacere.