La Cortigiana (1525)/Atto primo/Scena ventiduesima
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Pietro Aretino - La Cortigiana (1525)
Atto primo
Scena ventiduesima
Scena ventiduesima
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Parabolano e Valerio.
- Parabolano
- Quanto odii comincio avere con la vita!
- Valerio
- L’odio con la vita abiam noi, poveri servitori.
- Parabolano
- Tu non senti quello che mi duole.
- Valerio
- E’ vi nuoce el piú de le volte il troppo bene, e mi dispero quando un vostro pari si lagna. O pensate ciò che dovería fare un simile a me, che vivo del pan d’altri. E un inciampare in una paglia ci fa rompere il collo.
- Parabolano
- Non t’odo.
- Valerio
- Se voi avessi nella bilancia de la pretesca discrezione la speranza, come hanno cotanti che servono, voi intenderesti.
- Parabolano
- O Fortuna invidiosa!
- Valerio
- La fortuna sète voi, voi Signori sète la fortuna, che da le stalle e da le staffe su levate il vizio e la ignoranzia, et alle stalle e alle staffe ponete la virtú.
- Parabolano
- Io mi consumo!
- Valerio
- Che voresti voi?
- Parabolano
- Il premio de le mie fatiche.
- Valerio
- Da chi desiderati voi questo premio?
- Parabolano
- Dove son io? Almen n’avess’io lettere o ambasciata!
- Valerio
- Dove s’hanno a dirizzare queste lettere?
- Parabolano
- Dove io sono.
- Valerio
- Voi l’arete tardi.
- Parabolano
- Perché?
- Valerio
- Perché non sète né qui né altrove, pare a me.
- Parabolano
- Aiutami!
- Valerio
- Mai non vi aiuterò, se non me aprite il vostro secreto.
- Parabolano
- Quanti amari veneni ascondeno i preziosi vasi. Entriamo in casa.