La Cortigiana (1525)/Atto primo/Scena quattordicesima

Atto primo
Scena quattordicesima

../../Atto primo/Scena tredicesima ../../Atto primo/Scena quindicesima IncludiIntestazione 30 maggio 2008 75% Teatro

Atto primo - Scena tredicesima Atto primo - Scena quindicesima

Parabolano e Rosso.

Parabolano
Dove se’ tu stato?
Rosso
A la taverna, salvando l’onore de la Signoria Vostra, et ho veduto quella buona robba d’Angela Greca.
Parabolano
Che faceva ella?
Rosso
Parlava con don Cerimonia spagnolo, e dicevano de andare a cena a non so che vigna; et io feci come la gatta de Masino.
Parabolano
Come faceva la gatta di Masino?
Rosso
Chiudeva gli occhi per non pigliare i topi.
Parabolano
Tal mi cocessi altra fiamma, ch’io viverei senza noia.
Rosso
Infine gli è un peccato a fare piacere a un gran maestro, perché gli vien a noia ogni cosa.
Parabolano
Oimè, che colei ch’io adoro non mi verrà mai in fastidio, tanto m’è avara d’un sguardo.
Rosso
Non vi dissi io che ’l cibo vi sazia troppo tosto?
Parabolano
Or taci: ascoltami.
Rosso
Or dite, ch’io intenda!
Parabolano
Sai tu la casa di Messer Ceccotto?
Rosso
Di quel pazzo? Signor sí.
Parabolano
Pazzo o savio, andarai ivi e presenterai messer Maco sanese, perché mio padre ebbe gran servigi dal suo mentre studiò in Siena, ma non so che mandargli.
Rosso
Mandategli quattro tartarughe.
Parabolano
Son presenti da miei pari tartarughe, bestia ?
Rosso
Mandategli doi gattucci soriani!
Parabolano
Son buoni a mangiare i gatti, furfante?
Rosso
Se voi li mandate dieci carciofi, vi serà schiavo.
Parabolano
La peste che t’occida; dove sono ora i carciofi, pecora?
Rosso
Donatili doi fiaschi di Mangiaguerra; oh, il Riccio de la Lepre l’ha perfetto.
Parabolano
Fai conto che debba essere un imbriaco come te, bufolaccio? Or non mi rompere la testa, va’, e con questi dieci scudi compera de le lamprede, e dilli che le mangi per amor mio, ancor che gli sia piccolo presente; e sappi dire quattro parole.
Rosso
Ne saperò dire piú d’ottanta millia non che quattro; et è un peccato ch’io non sia mandato per imbasciatore a qualche Sofí, ch’almeno io mi faría onore. Io gli direi: ’Magnificenzia, Reverenzia, Sacra Maestà, Padre Santo, Cristianissimo, Illustrissimo, Reverendissimo, in Cristo patri, Paternità, Omnipotenzia, Viro, Domino, e tutto il mondo’; e faría un inchino cosí, l’altro cosí, inchinarei la testa e ogni cosa.
Parabolano
Deh, spàcciati, matto spacciato, ma porta prima questa vesta a Valerio, e io entrarò nella stalla a vedere quei turchi che mi son stati mandati a donare dal conte di Verucchio.