La Cicceide legittima/I/LXXXVIII

Sonetti

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Instabilità delle cose sottolunari.

lxxxviii.
I
L mar, che dianzi orribile fremea

     Fu da placide calme al fin placato,
     E ’l fiumicel, che tiepido correa,
     4Frenò, stretto dal gelo, il corso usato;
La vè con rosea bocca in braccio al prato
     Primavera gentil dianzi ridea,
     Or piange il verno; e d’ombre appar velato
     8Il Ciel la vè già lucido splendea.
Così nulla è quaggiù sotto la Luna,
     Che talor non si cangi, o non si stempre
     11Per ingiuria di Tempo, e di Fortuna.
Sol tu, senza mutar costumi, o tempre,
     Senza patir variazione alcuna,
     14Sei quel D. Ciccio, e quel C.... di sempre.