Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
45 |
D. Ciccio diceva, che non v’era chi ci cogliesse al par di lui, nel dar la sentenza.
lxxxvii. Che spesse volte vostra signoria
Impregnata di fasto, e d’albagia,
4Si gloria del suo lucido intelletto;
E che nel dar delle sentenze ha detto,
Che tra’ vostri Colleghi or non si dia
Chi quanto voi ci coglia, e che non sia
8Veruno infra di lor da starvi a petto.
Or noi cotesta vostra pretensione
Ben volentier ve l’ammettiam: ma poi
11Ne caviam l’infrascritta Conclusione —
Quei, ch’assai beve dicesi un bevone,
Mangion, quei, ch’assai mangia; e così voi,
14Che ci coglierete assai, siete un C....
Instabilità delle cose sottolunari.
lxxxviii. Fu da placide calme al fin placato,
E ’l fiumicel, che tiepido correa,
4Frenò, stretto dal gelo, il corso usato;
La vè con rosea bocca in braccio al prato
Primavera gentil dianzi ridea,
Or piange il verno; e d’ombre appar velato
8Il Ciel la vè già lucido splendea.
Così nulla è quaggiù sotto la Luna,
Che talor non si cangi, o non si stempre
11Per ingiuria di Tempo, e di Fortuna.
Sol tu, senza mutar costumi, o tempre,
Senza patir variazione alcuna,
14Sei quel D. Ciccio, e quel C.... di sempre.