La Canzone del Paradiso/XI. L'alba

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X. La notte Note
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XI.
L’ALBA

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«Dormendo or ora ho udito la campana
che da sette anni io so tra l’altre squille.
Ella m’ha detto tristamente e plana:
— Comincia un dì come già mille e mille —
          5Amore, a Deo! Ven l’alba».1

«Non anco in cielo s’è sentito il canto
dell’allodetta che destando il broilo
pleno d’oselli, al lusignolo accanto
passa e gli dice: — Dormi, o lusignolo:
          10non cantar più, ch’è l’alba — ».

«Qui non è broilo e foglia d’albaspina.
Qui non se sente risbaldire oselli.
Ben sì la gaita canta la maitina,
svernano entorno clavi e clavistelli.
               15Pàrtite, amore, a Deo!»

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«Partir, se resti, come porò mai?
Eo plu non amo quel che tanto amava.
Eo plu non vollio quel che tu non hai,
ch’eri tu re et eo taupina sclava.
          20Or me basa, oclo meo».

«Va’ ne, mea bella, e non far più lamento,
ch’eo vegno teco, teco vegno fuori.
Questo si fa per dolze incantamento.
Ti fie palese, quando arai du cuori...
          25e doglie altanto e pene!»

«Non duole al flore aver un dì donate
le follioline de la sua corona.
Non duole: el flore allega per la state.
Non duole: ad altri è caro ciò ch’e’ dona,
          30et a lui ciò ch’e’ tiene».

«Pàrtite, amore, poi che vezo ’l sole
rimpetto là sui merli della torre.
E l’ombra là vezo di corvi e grole,
e ’l passo qua sento de l’hom che tôrre
          35mi ti devrà per sempre!»

«Amore, a Deo! Quanto mi fu già caro
lo sole, tanto or mi sarà molesto.

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Eo plu non vollio ’l dì lusente e claro;
con te, meo Sire, in questa notte eo resto,
          40dove tu sei, per sempre».

«Flore, o d’uliva o mandorlo che sia,
flore ch’hai già l’anima bianca e molle,
me plu non tene quei che m’ha ’n bailia,
eo sarò teco tra le fresche zolle,
          45al sole et all’amore!»

«Eo vado al sole, all’acqua, al gelo, al vento.
Prima eo cantava tutte le mie sere.
Ora, tra i solchi, in vetta gli olmi, eo sento
che forse te farò così dolere,
          50e ben n’arò dolore!»

«Me’ là con te, che ’n Roma imperadore!
El Paradiso. . . . . . . . . .

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Finisce
la Canzone del Paradiso,
la seconda delle Canzoni di re Enzio,
composta da Giovanni Pascoli
adornata da Alfredo Baruffi
edita da Nicola Zanichelli,
il MCMIX nel mese
di ottobre

Note

  1. [p. 87 modifica]In questa quasi albata o alba del re e della schiava sono alcune note di altre “albe„. Giova specialmente ricordare quella trovata in un Memoriale bolognese, edita al solito dal Carducci e dal Casini, e poi dal Monaci (Op. cit., 292) in lezione più fedele, Eccone alcuni versi:

    Partite, amore; adeo;
    ché tropo çe se’ stato,
    lo maitino è sonato,
    como me par che sia.
         Partite, amore; adeo;
    che non fossi trovato
    in sì fina cellata
    como nui semo stati:
    or me bassa, oclo meo;
    tosto sia l’andata
    . . . . . . . . . . . . .
    Partite, amore; adeo;
    e vane tostamente
    . . . . . . . . . . . . .