Canali, argini e giure delle acque

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Posta al centro di un labirinto di corsi d’acqua naturali e artificiali, Ferrara sviluppa precocemente una legislazione sul governo delle acque, sui doveri dei cittadini che vivono in adiacenza di fiume e canali, sulle prerogative delle magistrature che al governo delle acque sono preposte. Le origini di quella legislazione risalgono agli statuti comunali, la loro prima codificazione è ascrivibile, peraltro, a Obizzo II, che nel 1287 iscrive, nel quinto libro degli Statuti, una rubrica De aggeribus et aggerum officio, de viis, de pontibus, de scursuriis, de laboreriis et operibus pubblicis…Il testo definisce i compiti dei giudici d’argine, dei notari d’argine e dei sovrastanti, insieme costituenti l’organico di un embrionale apparato di genio civile preposto alla realizzazione e alla manutenzione delle opere idrauliche che sono obbligati ad eseguire i proprietari delle terre adiacenti ad argini e canali. Se i proprietari dei terreni prossimi a fiumi e canali sono, insieme, i primi interessati e i primi responsabili del loro controllo, negli Statuti di Obizzo essi non costituiscono ancora un corpo dotato di autonomia, quindi una persona giuridica, quale la collettività dei proprietari diverrà, progressivamente, al maturare della legislazione ferrarese sulla bonifica.

La legislazione idraulica del fondaco padano si sviluppa con le norme emanate da Borso nel 1456 e da Hercule II nel 1534. E’ il 12 aprile 1580 quando Alfonso suggella gli Ordini e provisioni sopra i Lavorieri del Po e ufficiali a quelli deputati, trentasette capitoli che affidano i poteri di governo delle acque al Maestrato dei savi, il maggiore consesso cittadino, demandato della ripartizione dell’imposta fondiaria destinata a finanziare i lavori idraulici.

La tradizione ingegneristica e normativa consolidata nei secoli del dominio estense si perpetua in quelli successivi, quando Ferrara diviene provincia della Chiesa, gli atti dei cui legati attestano la sistematica evoluzione, nel corso di duecentocinquanta anni, della legislazione sulle acque. La prima significativa innovazione pontificia è, nel 1601, la creazione, per ciascun polesine, di una congregazione per i lavorieri, un comitato di diciotto proprietari del territorio demandati dei rapporti tra l’universalità dei possessori ed il Maestrato dei Savi, l’organo pubblico depositario del potere di vigilanza sulle opere idrauliche. Carlo Lega, studioso degli ordinamenti della bonifica e, tra il 1976 e il 1981, presidente del Consorzio, addita nell’organismo istituito da quella disposizione il nucleo originario, seppure ancora embrionale, dei futuri consorzi di bonifica. Il 22 dicembre 1605, con la designazione dei primi delegati del comprensorio avrebbe preso vita l’embrione dell’ente che, mutate le dimensioni giurisdizionali e moltiplicate le competenze, si convertirà, senza soluzione di continuità seppure mutato l’ordinamento giuridico che quelle competenze sancisce, nell’organismo preposto all’ordine idraulico del Polesine di San Giorgio, il Consorzio del secondo circondario.

La legislazione sui Lavorieri viene aggiornata nel 1623 dai Nuovi Ordini e Provvisioni intorno al buon governo del Comune, ai Lavorieri pubblici e agli ufficiali sopra quelli deputati, poi dalle disposizioni emanate, nel 1652, dal cardinale legato Cybo e suggellate da Innocenzo X, quindi da un breve del 1690 di Innocenzo XI.

Un’importanza del tutto particolare rivestono, quindi, le Determinazioni e Regolamenti per la Congregazione sopra la Cassa dei Lavorieri, suggellate il 14 luglio 1753 dal cardinale legato Barni e approvate da Benedetto XIV. Del testo sono state proposte interpretazioni diverse: alcuni esegeti individuano nell’organismo demandato della progettazione ed esecuzione delle opere idrauliche, e dotato dei poteri di imposizione necessari al loro finanziamento, un ente già dotato di personalità giuridica. Il testo più significativo della legislazione idraulica dei pontefici romani saranno, comunque, le Determinazioni e Regolamenti per la Congregazione sopra la Cassa dei Lavorieri emanate dal cardinale legato Carafa il 1° gennaio 1784 e approvate da un moto proprio di Pio VI il 6 luglio 1785. Sarà, peraltro, nella parentesi temporale in cui riassume il governo del Ferrarese tra l’avventura napoleonica e la conquista sabauda che il potere pontificio compirà l’evoluzione della fisionomia della “congregazione” facendone organismo i cui rappresentanti sono liberamente eletti dai proprietari del comprensorio. Le congregazioni consorziali ferraresi, tra loro quella del Polesine di San Giorgio, acquisiscono la nuova fisionomia con il moto proprio di Pio VII del 23 ottobre 1817.