L'uomo prudente/L'autore a chi legge
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L’AUTORE
A CHI LEGGE.
Ho letta di volo e ho corretta all’ingrosso la terza (Commedia), che destinata abbiamo alla stampa. Ve la rimando, perchè non manchi materia al torchio; e vi prego, circa all’ortografia, facciate che il correttore supplisca.
Dal principio del Carnovale passato io non ho più Veduto rappresentare l’Uomo Prudente, e nè tampoco ho avuto tempo di leggerlo; onde, ripassandolo ora alla meglio, mi ha fatto specie, come se cosa nuova e non mia fosse effettivamente. Mi son consolato delle cose che mi pajono buone, ne ho scoperte delle cattive, e ho deciso dentro di me medesimo, che quando ho scritta la presente Commedia, non avevo ancora spogliata affatto la fantasia di tutti i pregiudizi del Teatro corrotto, e che mi compiacevo tuttavia del sorprendente e di una estraordinaria virtù.
In quel tempo fece la sua gran comparsa l’Uomo Prudente, a fronte del cattivo Teatro. Non so se in oggi avrà la stessa fortuna a fronte delle Commedie mie posteriori, le quali hanno in loro più natura, più verità, miglior condotta e stile migliore. Qualunque sia per essere l’evento di tal confronto, sarà forse male per la Commedia; ma non sarà male per me, s’ella rimarrà indietro per cagione delle altre mie, le quali amo tutte egualmente.
Voi avreste piacer di sapere quali sieno i difetti che ho io scoperti nell’Uomo Prudente; ma non sono così goffo3 che dirvelo io voglia, poichè vi potreste far merito palesandolo a qualche amico, e in poco tempo si divulgherebbe la mia sentenza data da me contro di me medesimo, e aprirei gli occhi io stesso a chi forse gli ha ancora chiusi.
Questa Commedia è stata reputata per buona da gente molto più dotta, molto più delicata di me; e gli scrupoli miei saranno fors’anco ingiusti, e gli avrò concepiti forse in grazia di una nuova maniera di pensare, di cui mi sono coll’andar del tempo invaghito.
La prudenza di4Pantalone mi sembra ora un poco troppo eccedente; il fine della Commedia alquanto sorprendente ed estraordinario; ma a fronte delle Commedie che vedevansi due anni sono, questa mia è un zucchero. Chi vorrà criticarla, e la porrà in confronto delle altre mie, mi farà sempre onore, ed io sarò stato il primo che avrà detto lo stesso, e voi ne sarete sempre legittimo testimonio, pregandovi di conservar questa lettera per autentica di una tal verità.
È uscito in quest’anno5 alla luce in Roma un libro che ha per titolo: De’ vizj e de’ difetti del moderno Teatro ecc. Ragionamenti VI. L’autore ha fatto pompa di una diffusissima erudizione, e non può negarsi ch’egli non sia dotto, elegante e brioso. Circa all’utilità dell’opera io non darò giudizio, riportandomi in ciò al Novellista Fiorentino, il quale dando notizia di cotal libro nella Novella 42 dell’anno 1753, colonna 662, sul fine così ragiona: Non so chi sia l’Autore del libro; ma all’apparenza non è religioso, ed io esorto i miei Fiorentini a non lo leggere.
Parlerò di questo, che tocca a me solamente. Nel primo Ragionamento pag. 59, condanna l’Autor suddetto questa mia Commedia: convien dire ch’egli non abbia letta la lettera all’Editore, poichè trovandola da me medesimo condannata, sarebbesi risparmiata la briga. Dic’egli aver di questa sola Commedia mia parlato, perchè questa specialmente gli fu lodata da alcuni, come ben regolata e ben condotta; disgrazia sua, e disgrazia mia, che abbiamo dato in persone di cattivo gusto. Se egli avesse avuto la sofferenza di leggere qualche altra Commedia mia, spero che avrebbe di me parlato con più carità e discretezza, e a fronte di tante Città d’Italia, che onorano le Opere mie per la loro onestà, sarebbe egli solo, che di scorrette e pericolose tacciate le avesse.