L'eroina di Port Arthur/8. Il bombardamento

8. Il bombardamento

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7. L'attacco di Port-Arthur 9. La spia giapponese

8. IL BOMBARDAMENTO


Mentre le torpediniere sorprendevano la flotta russa con tanta fortuna, Shima si era spinta più in alto della scogliera in modo che aveva potuto seguire cogli sguardi tutte le fasi dell'attacco senza mai perdere di vista la Morioka montata da suo fratello.

Il rimbombo spaventevole delle grosse artiglierie non l'aveva affatto impressionata ed i suoi nervi erano rimasti tranquilli anche quando le enormi granate delle corazzate erano cominciate a scoppiare sulle rocce, lanciando a grande distanza frammenti d'acciaio. Quando aveva veduto la Morioka fuggire incolume, un lungo sospiro era sfuggito dalle labbra della valorosa fanciulla.

— È lo spirito di nostro padre che ha protetto mio fratello — aveva mormorato.

Il cannoneggiamento era cessato. Sulla oscura linea dell'orizzonte si scorgeva l'imponente, squadra di Togo avanzarsi a piccolo vapore, come se volesse forzare l'entrata della rada e dare alle navi russe, sfuggite ai siluri, gli ultimi colpi.

Non pareva che avesse fretta di accostarsi. Anzi i suoi incrociatori di frequente rompevano la linea di battaglia per riordinarsi quindi dietro le poderose corazzate.

— Forse aspettano l'alba — aveva mormorato la fanciulla che seguiva attentamente quelle manovre. — Se approfittassi per salire sul faro? Nel caso che non trovassi Yamaga potrei dire che mi sono rifugiata lassù per non venire uccisa dalle bombe. Non prenderanno paura di una pescatrice cinese.

Salì lestamente i fianchi della scogliera, sulla cui cima s'alzava il faro, una torre colossale di venti metri d'altezza e girando attorno alla costruzione pervenne alla porta che era aperta.

Potendo da quel luogo dominare tutto l'avamporto, che in quel momento era superbamente illuminato dai proiettori elettrici, vide un gran numero di scialuppe a vapore e di canotti dirigersi verso l'estremità opposta, dove le tre navi torpedinate erano state arenate per impedire che affondassero. Anche sulle calate regnava una confusione enorme. Vedeva soldati e marinai accorrere in tutte le direzioni, in preda ad un panico vivissimo e cittadini che si rovesciavano verso il porto gridando ed imprecando contro i giapponesi. Quella sorpresa doveva aver fatto perdere la testa a tutti, quantunque generalmente i russi siano ordinariamente non meno calmi degli inglesi e dei tedeschi.

Tuttavia la difesa si organizzava rapidamente in attesa d'un nuovo attacco, scorgendosi sempre le corazzate giapponesi manovrare a poca distanza dalla bocca del porto e proiettare a loro volta fasci di luce elettrica sulle batterie.

— Sì — mormorò Shima. — Si preparano a misurarsi e questa volta non saranno le piccole torpediniere che impegneranno la battaglia. Questo è il buon momento per approfittare.

Salì rapidamente la scala del faro assumendo un'aria spaventata, finché giunse in una delle stanze del fanalista.

Un uomo che indossava la divisa dei piloti scendeva in quel momento dalla scala superiore tenendo in mano un cannocchiale.

Vedendo la fanciulla s'arrestò chiedendole:

— Che cosa fai tu qui, ragazza?

Shima guardò attentamente quell'uomo che dall'aspetto sembrava un cinese, avendo la pelle del viso quasi giallastra e gli occhi leggermente obliqui, poi s'avanzò rapidamente verso di lui, mandando un grido di gioia.

— È appunto voi che cercavo — disse. — Non mi conoscete più?

— Non vi ho mai veduta e credo che voi vi inganniate, ragazza — rispose il fanalista con tono piuttosto burbero.

— Eppure voi siete il tenente Yamaga.

Udendosi chiamare col suo vero nome, il giapponese aveva fatto un salto indietro estraendo rapidamente la rivoltella che aveva nella cintura e puntandola verso Shima.

— Giacché voi avete scoperto il mio vero essere, non uscirete viva da qui — disse con voce minacciosa. — Così non mi tradirete.

— Volete uccidere la figlia di Foyama, il gran daimio di Yokohama? — chiese la fanciulla con pacatezza. — Fatelo!

— Shima! La sorella di Sakya! — aveva esclamato il giapponese abbassando l'arma e guardandola con profondo stupore.

— Sì, sono la sorella di Sakya. Guardatemi meglio, Yamaga. Sono così cambiata dall'ultima volta che veniste a casa di mio padre per non riconoscermi più?

— Pei nostri dei protettori! — esclamò il giapponese. — Ed io che stavo per uccidervi! Che cosa fate qui, in quel costume di pescatrice, voi la figlia del gran daimio? Da qual parte siete venuta?

— Mi ha sbarcato poco fa mio fratello, quando la sua torpediniera passava sotto il faro e mi mandò qui Togo.

— Il grande ammiraglio?

— Che aspetta da voi delle carte preziosissime e delle notizie importanti prima di dare l'ultimo colpo alla squadra russa.

— Gliene ha dato uno già poderoso or ora, Shima — disse Yamaga sorridendo. — Tre delle più grosse navi sono ormai fuori combattimento e non potranno più servire che da batterie galleggianti, e fra quelle vi è la Czarewitch che era la più temibile.

— Torpedinata dalla Morioka, l'avete veduta?

— Sì, l'ho riconosciuta la torpediniera, avendola comandata io prima di Sakya. E perché hanno mandata qui voi, così giovane, ad esporvi a così gravi pericoli?

— Perché una donna desta meno sospetti che un uomo, e poi ormai ho dato la mia vita alla patria.

— Vi hanno mandata a prendere il piano delle mine subacquee, è vero, Shima?

— Sì, Yamaga, ed a Togo preme averlo onde non esporre le sue navi al pericolo di saltare in aria.

— Aspettavo un messo dell'ammiraglio, non potendo io lasciare Port-Arthur senza destare gravi sospetti.

— Si dubita di voi? — chiese la fanciulla.

— Non ancora e tutti mi credono un cinese, essendomi lasciato crescere il codino e parlando perfettamente la lingua dei celestiali. E poi sono due anni che mi trovo qui a sorvegliare i russi.

— Avete potuto procurarverlo quel piano?

— Sì, Shima, e sarà quello che darà la vittoria alla nostra flotta e che la renderà libera nelle sue mosse. Come potrete voi farlo pervenire all'ammiraglio? Qui sta il difficile.

— La Morioka tutte le notti s'accosterà alla bocca dell'avamporto e ad un vostro segnale muoverà verso il faro. Gl'incrociatori s'incaricheranno di proteggerla.

— Non questa notte — disse Yamaga gettando uno sguardo fuori della finestra. — Le torpediniere russe si sono ancorate sotto il faro, dietro la scogliera e vegliano ormai attentamente.

— Non desidererei d'altronde andarmene così presto — disse Shima con un tono di voce così strano che fece alzare il capo al giapponese.

— Avete qualche altra missione da compiere? — disse Yamaga.

— Una vendetta, possibilmente — rispose la giovane con voce cupa.

— Chi ha osato offendere la figlia del gran daimio? — chiese Yamaga, guardandola con stupore. — Parlate, Shima, ed io giuocherò la mia vita pur di vendicarvi.

— Un uomo che sospetto si trovi qui.

— Chi è?

— Un tenente russo che si chiama Boris.

— Boris! — mormorò il giapponese passandosi una mano sulla fronte. — Mi pare d'averlo udito, questo nome. Se quell'uomo si trova fra la guarnigione di Port Arthur, mi sarà facile saperlo domani stesso.

— È approdato qui l'Amur?

— Un trasporto russo che veniva dal Giappone?

— Sì, Yamaga.

— È giunto tre giorni fa. Solo che ha sbarcato delle persone e alla sera ha ripreso il largo dirigendosi su Takou, mi sembra.

— Allora quel miserabile è qui! — esclamò Shima con gioia selvaggia. — E fors'anche vi è la ghesha?

— Spiegatevi, Shima, non riesco a comprendervi. Che cosa vi ha fatto quell'uomo?

Un colpo di cannone che fece tremare perfino la grossa torre gl'impedì di udire la risposta di Shima.

— L'ammiraglio attacca! — esclamò. — Lassù, sulla lanterna, Shima, se volete assistere alla battaglia.

Si erano slanciati sulla stretta e tortuosa scala che conduceva sulla cupola dove trovavasi il fanale girante, che segnalava ai naviganti l'entrata del porto. Cominciava allora ad albeggiare. Una luce leggermente rosea si diffondeva verso levante tingendo il mare di tinte superbe.

Port-Arthur, la Sebastopoli dell'Estremo Oriente, a poco a poco usciva dalle tenebre mostrando le sue alte colline, i suoi formidabili bastioni, le due batterie dalle cui feritoie apparivano le gole di mostruosi cannoni pronti a vomitare la morte.

Al largo, l'imponente flotta giapponese si avanzava colle ampie e poderose corazzate in testa, muovendo diritta verso la bocca dell'avamporto, su cui si erano rapidamente radunate le navi russe sfuggite all'assalto delle torpediniere.

— Aprite bene gli occhi, Shima — disse Yamaga. — Vedrete uno spettacolo terribile.

— S'incontreranno le due flotte? — chiese la fanciulla con una certa emozione, guardando la Morioka che seguiva a breve distanza la potentissima Idzumo.

— I russi non oseranno uscire, ora che hanno perduto la Czarewitch.

Le sedici navi di Togo, in ordine di battaglia, muovevano in quel momento verso il porto a tutto vapore. Le musiche suonavano sulle loro coperte mentre gli equipaggi mandavano urrah formidabili.

Ad un tratto un rombo assordante squarcia l'aria. Gl'incrociatori giapponesi che sono alla testa hanno aperto il fuoco alla distanza di tre chilometri. Le enormi granate cadono sulle navi russe, sulle batterie, sui bastioni, perfino sulle case ammassate nella stretta valle che sta fra le due colline, scagliando ovunque nembi d'acciaio. Mentre i forti rispondono vigorosamente, l'incrociatore russo Nowik che è il più rapido della flotta, comandato dal capitano Von Essen, con audacia sorprendente lascia l'ancoraggio e muove a tutto vapore contro la squadra per scaricarle da vicino le sue artiglierie.

Balza sulle acque con impeto temerario, sprezzante d'ogni pericolo, lampeggiando e tuonando coi suoi pezzi a tiro rapido. L'ammiraglio giapponese non gli lascia il tempo di guastargli i suoi incrociatori. La Mikasa e l'Asak, due delle sue più potenti corazzate, gli corrono incontro fulminandolo coi loro enormi pezzi e lo costringono a ripiegarsi colle torri semifracassate.

Poi tutta la squadra del Sol Levante sfila maestosamente dinanzi all'avamporto tuonando furiosamente, maltrattando la Pollava che è colpita da un obice e decimando gli equipaggi della Diana e dell'Askold. Per quaranta minuti una tempesta d'obici cade come fitta gragnuola sulla città, determinando scoppi spaventevoli, rovinando un forte, sprofondando il tetto della Banca russo-cinese e facendo numerose vittime fra i cittadini, poi, salutati i nemici con un'ultima e più tremenda bordata, le navi scomparvero a tutto vapore verso il sud-ovest, fieri di quella prima vittoria che ormai assicurava all'Impero del Sol Levante la padronanza assoluta del Mar Giallo.