L'epopea della bonifica nel Polesine di San Giorgio/4
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Ricostruire le vicende della conquista della terra, con l’espulsione delle acque, nel Polesine di San Giorgio, impone di identificare, all’origine di una vicenda che conoscerà la drammaticità dell’epopea, un evento fieristico, occasione, per un uomo politico locale, di svolgere un’applaudita conferenza. E’ il 1851 quando Francesco Luigi Botter, l’agronomo trevigiano chiamato a Ferrara quale docente del nuovo Istituto agrario, redattore di un vivace periodico, promuove la prima esposizione agraria provinciale, in occasione della quale invita Andrea Casazza ad illustrare la straordinaria installazione, nella limitrofa provincia di Rovigo, della prima idrovora azionata da una macchina a vapore. L’installazione è stata realizzata a Dossi Vallieri, presso Adria. La conferenza induce la Congregazione consorziale del secondo circondario, l’organismo che nel quadro pontificio regola le acque del Polesine di San Giorgio, a invitare per un sopraluogo l’ingegner Stefano Benech, il costruttore torinese degli apparecchi installati a Dossi Vallieri, chiedendogli di formulare un piano per la bonifica del comprensorio.
Benech non visita le paludi ferraresi, dove negli ultimi giorni di settembre esegue un sopraluogo il suo rappresentante in Veneto, l’”ingegnere macchinista” Augusto Tarifat, che propone il progetto di installazione di un’idrovora che si tradurrà nella bonifica di Galavronara e Forcello. Due anni più tardi, tra il 20 ed il 26 ottobre 1853, visita il comprensorio l’ingegner Cesare De Lotto, il progettista che di Benech ha installato le macchine in Veneto. Lo accompagna Giuseppe Forlani, “ingegnere primario” della Congregazione. Della spedizione Forlani stila una circostanziata relazione.
La lettura del testo ci introduce in un mondo dove acque e terra si inframmettono in una composizione che solo la fantasia consente, oggi, di immaginare: i due tecnici e il gruppo degli accompagnatori attraversano le valli lasciando la carrozza per calessini capaci di transitare su argini serpeggianti, o per barche a tiro equino, bivaccano nei “casoni”, pranzano "alla soldatesca". Le privazioni conoscono un’interruzione nella villa di Giuseppe Pavanelli, magnifico anfitrione tra pascoli e paludi. Dalla visita prenderà forma il piano di dividere il grande comprensorio, secondo i dossi naturali, in sottobacini, di cui procedere al prosciugamento con apparati idrovori indipendenti, il piano che orienterà, quando resistenze e ostacoli saranno superati, la bonifica del comprensorio.