L'avvenire!?/Capitolo secondo

Capitolo secondo

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Edward Bellamy - L'avvenire!? (1888)
Traduzione dall'inglese di Anonimo (1891)
Capitolo secondo
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CAPITOLO SECONDO




Il 30 maggio 1887 cadde in lunedì. Era una festa nazionale che venne istituita nell’ultimo terzo del secolo decimonono sotto il nome di giorno della decorazione, per onorare la memoria dei guerrieri dell’armata del nord, i quali avevano preso parte alla guerra per la conservazione dell’Unione.

I superstiti in quel giorno, accompagnati dai militari e dai magistrati con la musica, andavano a deporre corone sulle tombe dei loro fratelli d’armi. La cerimonia era solenne e commovente. [p. 13 modifica]Il fratello maggiore di Editta era caduto in quella guerra e nel giorno della decorazione, la famiglia soleva visitare il cimitero Mount Auburn dov’egli giaceva.

Domandai il permesso di accompagnarli, e verso sera, quando tornammo in città, rimasi a pranzo da loro. Dopo tavola, presi in mano un giornale e lessi di un nuovo sciopero degli operai muratori i quali, com’era da prevedersi, cagionavano un altro ritardo al compimento della mia infelice casa. Mi ricordo che mi infuriai, e per quanto lo permise la presenza delle signore, mandai mille maledizioni a tutti gli operai ed ai loro scioperi. Io godeva della simpatia generale e le mie osservazioni furono approvate da tutti. Eravamo tutti d’accordo nel pensare che le cose andrebbero sempre peggio e chissà dove ci condurrebbero.

«Il maggior male è,» disse la Signora Bartlett, «che le classi operaie mi sembrano impazzite ad un tratto. In Europa è ancora peggio che da noi, e non amerei certo di vivervi. Domandavo l’altro giorno a mio marito dove andremmo, se tutte le spaventevoli minaccie di quei socialisti venissero messe in esecuzione.»

«Egli mi disse che non conosceva nessun paese dove la società potesse esser chiamata stabile, ad eccezione della Groenlandia, della Patagonia e della China.»

«Questi Chinesi sapevano ciò che volevano» disse qualcuno, «quando respinsero la nostra civilizzazione orientale1. Essi sapevano meglio di noi dove questa li condurrebbe e vedevano che dietro di essa non v’era altro che dinamite.»

Mi rammento che presi Editta al mio fianco e la persuasi che era meglio sposarsi subito, e aspettare, viaggiando, che la casa fosse finita. Essa era in quella sera stupendamente bella e l’abito nero che indossava, in onore di quel giorno, accresceva la purezza del suo viso. Mi par di vederla ancora adesso; quanto era bella! Quando me n’andai, essa mi seguì nell’anticamera, e la baciai come al solito. Questo saluto non era affatto differente da quello di altre occasioni, quando ci separavamo per una notte [p. 14 modifica]o per un giorno: nè io, nè essa presentivamo che questa dovesse essere più che una separazione abituale.

Per un fidanzato, era forse presto per lasciare la mia promessa sposa, ma ciò non deve far dubitare del mio amore. Quantunque in perfetta salute, soffrivo d’insonnia, e in quel giorno ero completamente estenuato, perchè da due notti non dormivo affatto. Editta lo sapeva ed aveva insistito perchè io andassi a casa alle nove e mi coricassi subito.

La casa che io abitava, era passata per tre generazioni nelle mani della famiglia di cui io ero l’unico discendente in linea diretta.

Era un grande ed antico edifizio in legno, dall’interno abbastanza elegante; ma la situazione n’era spiacevole in causa della vicinanza di caserme e di fabbriche. Non potevo pensare di condurre in questa casa una giovane sposa e sopratutto abituata come lo era Editta Bartlett. Era mia intenzione di venderla ed intanto non me ne servivo che per dormirvi, poichè prendevo i miei pasti al club. Un servitore, un fedele moro chiamato Saverio, abitava con me e mi serviva.

Temevo di non poter fare a meno d’una comodità speciale di quella casa quando avrei dovuto lasciarla: cioè la mia stanza da letto, ch’io avevo fatto costruire sotto le fondamenta. Nella città con quel continuo rumore notturno, non avrei potuto dormire, se avessi occupato una camera dei piani superiori. In questo appartamento sotterraneo non penetrava il minimo rumore. Quando vi ero entrato e ne chiudevo l’uscio, mi circondava un silenzio sepolcrale; e per impedire che l’umidità penetrasse, i muri erano ricoperti d’un cemento idraulico molto spesso ed egualmente riparato era il suolo. Per assicurarmi contro il fuoco e contro i ladri, la volta era ricoperta di lastre di pietra e la porta esterna era in ferro rivestita d’amianto. Un piccolo tubo in comunicazione con una ruota girante sul tetto stabiliva la ventilazione.

Si poteva credere che l’abitatore d’una simile camera dovesse certamente dormire, ma io malgrado tutto ciò, dormivo raramente due notti di seguito. Vi ero talmente abituato che la perdita del [p. 15 modifica]riposo notturno non mi recava nessun danno. Però una seconda notte, passata in poltrona, leggendo invece di coricarmi in letto, mi stancava immensamente e i miei nervi mi costringevano a cercare nell’arte i mezzi onde conciliarmi il sonno. Una volta dopo due notti insonni, non potevo trovare nella terza il riposo, e allora mandai a chiamare il Dottor Pillsbury.

Questi era stato nominato Dottore per protezione e non per merito, era ciò che si chiamava allora un mediconzolo, e si diceva professore di magnetismo animale. Come dilettante avevo fatto delle esperienze sul magnetismo ed in quell’occasione avevo imparato a conoscerlo. Credo ch’egli non comprendesse nulla di medicina; ma era senza dubbio un bravo magnetizzatore. Quando vidi che passavo una terza notte insonne, lo mandai a chiamare, perchè mi magnetizzasse. La mia eccitazione nervosa doveva essere forte, poichè il Dott. Pillsbury riuscì in poco tempo ad addormentarmi tanto profondamente che ricorse ad un processo magnetico per risvegliarmi. Il processo per risvegliare il dormiente essendo facile, lo feci insegnare dal Dott. Pillsbury a Saverio; e solo il mio fedele servitore sapeva perchè e a qual fine il dottore mi visitava. Quando Editta sarebbe stata mia moglie, l’avrei messa a parte de’ miei segreti. Non le avevo detto niente sino allora, perchè il sonno magnetico non essendo del tutto senza pericolo, sapevo ch’essa si sarebbe opposta a questa abitudine. Il pericolo consisteva in questo, che trovandomi profondamente addormentato, potevo cadere in uno stato dal quale non fosse possibile rialzarmi col Mesmerismo e avrei finito col morire.

Ripetuti tentativi mi avevano persuaso che si poteva evitare il pericolo mediante saggie misure di prudenza, ed io nutrivo la speranza di poter persuaderne Editta.

Dopo averla lasciata, andai direttamente a casa, e mandai subito Saverio a chiamare il dottor Pillsbury. Intanto io mi recai nel mio appartamento sotterraneo, cambiai il mio abito con una comoda veste da camera e sedetti al mio scrittoio per leggere le lettere giunte la sera e messe là dal mio servitore.

Una di esse era del capo mastro della mia nuova casa e mi [p. 16 modifica]annunciava ciò che già avevo supposto dalle notizie dei giornali. I nuovi scioperi, diceva egli, avevano ritardato il compimento del contratto di costruzione e mi domandava una proroga a tempo indefinito.

Caligola aveva desiderato che il popolo romano avesse una sola testa per reciderla d’un colpo, e quando io lessi questa lettera, accarezzai per un momento lo stesso pio desiderio per le classi operaie americane. Il ritorno di Saverio col dottore interruppe i miei foschi pensieri.

Appresi che con fatica era riuscito ad indurre il dottore a venire da me, essendo questi in procinto di lasciare la città nella notte. Il dottore mi spiegò che avendo sentito a parlare d’una onorevole carica in una città lontana, si era deciso di presentarsi al concorso per ottenere possibilmente il posto. Mi disperai allora e gli domandai a chi mi potevo rivolgere per addormentarmi ed egli m’indicò alcuni Mesmeristi in Boston, i quali possedevano la stessa sua potenza. Questo mi tranquillò, ed ordinai a Saverio di svegliarmi all’indomani mattina alle nove, poscia mi coricai, e presi una posizione comoda abbandonandomi alle manipolazioni del dottore.

In conseguenza d’una agitazione insolita, quella sera smarii meno presto i sensi; ma finalmente m’invase una dolce sonnolenza, e tranquillo riposai tutta la notte.


Note

  1. Avuto riguardo alla posizione geografica dell’America del Nord rispetto alla China. (Nota del Trad.).