L'amor coniugale e le poesie d'argomento affine/Introduzione
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Traduzione dal latino di Adriano Gimorri
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INTRODUZIONE
Giovanni Pontano nacque, di nobile famiglia, a Cerreto, presso Spoleto, il 7 maggio 1426, da Giacomo e Cristiana Pontano.
Rimasto ancor bambino orfano di padre, passò parte della fanciullezza a Perugia e a ventun anno seguí il re Alfonso (1442-1458) alla corte di Napoli, dove restò anche sotto Ferdinando I (1458-1494) Alfonso II (1494-’95) e Ferdinando II (1495-’96) disimpegnando importanti uffici diplomatici e guadagnandosi, presso i contemporanei, la piú alta considerazione.
Combatté dal 1458 al 1464 contro gli Angioini, contro i Turchi ad Otranto nel 1481 e nella lunga e confusa guerra di Ferrara nel 1482-’84 e a lui si deve principalmente la conclusione della pace di Bagnolo (1484) e di quella di Roma (1486).
Succeduto nel seguente anno al Petrucci nella carica di segretario di stato, vi durò fino al 1495. Nel 1492 stipulò a Roma una nuova pace col papa Innocenzo VIII.
Alla venuta di Carlo VIII (1494) egli restò a Napoli, gli consegnò le chiavi di Castel Capuano (20 febbraio 1495) e gli prestò giuramento a nome del popolo.
Al ritorno degli Aragonesi (7 luglio 1495) non riebbe quell’ufficio, ma restò a corte fino al 1498.
Ritiratosi a vita privata, morí nel 1503, in età di settantasette anni in Antignano presso Napoli.
Aveva sposato il 31 gennaio 1461, a trentasei anni, Adriana Sassone, fanciulla di diciassette anni, di nobile e ricca famiglia napoletana, dalla quale ebbe, tra il 1462 e il ’69, quattro figli, Aurelia, Eugenia, Lucia, Lucio. I due ultimi gli premorirono, Lucia di tredici, Lucio di trent’anni. Restato vedovo nel 1491, passò a seconde nozze con certa Stella da Argenta (Ferrara) che egli cantò nelle voluttuose poesie degli Eridani e dalla quale ebbe un figlio, morto in fasce.
Amò dunque parecchie donne e dei suoi amori lasciò traccia nei suoi versi; ma di tutti i suoi affetti quello piú durevole e profondo, pur in mezzo a curiose contraddizioni, fu certamente l’amore verso la moglie che cantò come fidanzata, come sposa novella, come madre e che pianse teneramente.
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Le opere letterarie del Pontano furono tutte scritte in latino.
Tra quelle in prosa se ne ricordano parecchie di filosofia morale: De prudentia, De fortitudine, De liberalitate — De magnificentia — De humanitate — De fortuna — De principe — De splendore — De conviventia — De obedientia ecc.; una di storia: De bello neapolitano (1458-1464) in sei libri; una di rettorica: De sermone (sei libri); due di filologia: De Aspiratione (due libri) e un commentario a Catullo; una di astronomia: De rebus coelestibus, in quattordici libri. A queste opere vanno aggiunti i cinque celebri dialoghi: Charon — Antonius — Actius — Aegidius, Asinus.
Ma gli scritti ai quali è affidata la gloria del Pontano sono le sue opere poetiche, nelle quali si lascia a notevole distanza tutti gli altri umanisti, anche i piú grandi. In esse la sua ispirazione è pari alla sua arte; l’una e l’altra grandissime.
La raccolta delle sue opere poetiche1 si apre con un lungo poema didascalico e mitologico, l’Urania in cinque libri, in cui la sua fantasia si sbizzarrí nelle piú varie forme di narrazione e di descrizione, vagando di pianeta in pianeta e di stella in stella. Il poema, dedicato al figlio Lucio, termina con una deploratio in morte della figlia Lucia e con la glorificazione di sé.2
All’Urania seguono il libro Meteororum su fenomeni meteorologici, e due libri De hortis Hesperidum sulla coltivazione dei cedri.
Il secondo volume comprende le Eclogae in numero di sei, tra cui la Lepidina, poemetto idillico considerato come uno dei capolavori della poesia latina umanistica; le elegie, gli endecasillabi e le odi dei due libri Parthenopei sive Amorum (il 2° è di sole elegie) contenenti le sue liriche giovanili; le elegie dei tre libri De amore coniugali che sono ispirate ai casi della sua vita di sposo e di padre; le epigrafi elegiache dei due libri De tumulis; le elegie del libro De Laudibus divinis, d’argomento religioso; gli Hendecasyllaborum seu Baiarum, due libri di tutti endecasillabi falecii; i Jambici, sei poesiole in trimetri giambici; Lyra, sedici odi saffiche; le elegie dei due libri Eridani e infine un’appendice di ventidue liriche disperse.
Da tutta quest’opera poetica noi abbiamo scelto le poesie d’argomento familiare, quelle cioè dedicate alla prima sua moglie, ai suoi figli e alla sua nipotina, e le abbiamo ordinate, per quanto era possibile (escluso il De amore coniugali, di cui non abbiamo voluto rompere l’unità) cronologicamente, riguardo, s’intende, alla prima concezione e non al tempo in cui ebbero la redazione definitiva, ché in tal caso tutte, senza eccezione, le poesie del P. dovrebbero riportarsi alla fine della sua vita, al 1503 (Cfr. Soldati, Op. cit. Introd.).
Tengono il primo posto i tre libri De amore coniugali, quasi completi.
La seconda parte del volume contiene un brano di Urania, due egloghe, tre endecasillabi, sei giambici, due Eridani, una breve lirica ed otto Tumuli.3
In complesso ventitré poesie tutte strettamente connesse coi libri De amore coniugali e formanti con quelli un vero e compiuto poema della vita familiare, con le sue gioie, la sua pace e i suoi lutti.
La nostra raccolta comprende circa un decimo dell’intera produzione poetica del P. e circa un sesto della sua produzione lirica complessiva.
Dissero già altri (Rossi, Gaspary, ecc.) e assai diffusamente, dei pregi delle poesie familiari, il capolavoro del P. per schiettezza e profondità di sentimento, per immediatezza di ispirazione, per arte e originalità, e noi crediamo d’aver fatto cosa utile raccogliendo tutta in un volume quest’opera, unica forse nel suo genere in ogni letteratura.
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La nostra versione rende verso per verso il testo latino, al quale crediamo d’essere stati il piú possibile fedeli anche nei carmi nuziali, dove abbiamo preferito omettere alcuni versi piuttosto che modificarli.4 L’esametro latino è trasformato in un esametro italiano quasi sempre ipermetro rispetto all’originale, essendo impossibile creare per l’italiano un’esatta quantità. Le rime, quando ci sono, si accettino come peculiarità melodica della nostra lingua che compensi in qualche modo l’armonia del latino.
Gli altri metri sono imitati in modo analogo, fatta eccezione per il solo trimetro giambico che mi son permesso di tradurre piú liberamente.
Comunque, il libro vorrebbe essere la storia poetica della vita familiare del grande umanista, seguita con sincera simpatia umana e schietto entusiasmo d’arte.
- Modena, giugno 1920.
Adriano Gimorri
Note
- ↑ I. I. Pontani Carmina, a cura di B. Soldati. Firenze, 1902. 2 voll.
- ↑ Lucia era piú giovane di Lucio (nato nel 1469) e morí di 13 anni, l’Urania fu dunque terminata prima del 1480 (Cfr. Rossi. Il Quattrocento, p. 433; Gaspary, II, p. 387) se pur limata piú tardi.
- ↑ Ho lasciato il D. A. C. nell’ordine originario, senza inserirvi le poesie che cronologicamente dovrebbero esservi comprese. Siamo infatti con la prima elegia al 1462. Il poeta à 36 anni.
Allo stesso anno ci riportano le tre elegie seguenti, mentre le elegie dalla quinta alla nona sono certo in parte, ma probabilmente tutte, del 1482-84. La decima elegia del libro I è, come sarà dimostrato a suo luogo, del 1469 (21 marzo) anno e giorno della nascita di Lucietto, e del 1469-1470 sono le poesie del libro II, mentre la terza elegia dello stesso è forse del 1484. Piú incerta è la cronologia delle prime due elegie del III libro, certo anteriori al 1483, anno in cui fu scritta la terza, mentre la quarta è di poco posteriore.
Il Quinquennius è del 1474, anno in cui Lucio aveva cinque anni. Le poesie sulla morte di Lucia fanno gruppo a sé (1479-80) e cosí pure quelle sulla morte della moglie (1491 e oltre) e del figlio Lucio (1498). L’ultima elegia alla moglie è di due anni piú tardi, cioè del 1500. Il poeta ha 74 anni e sono perciò trascorsi ben 38 anni dall’epoca della prima elegia alla moglie. Pure il suo affetto per lei è, nonostante tutto, ancor tanto caldo che la poesia fluisce dal suo cuore incredibilmente viva e fresca. - ↑ Per il testo latino ho seguito l’edizione del Soldati, già citata, correggendo i pochi errori incórsivi, quali ad es. nel vol. II p. 51 v. 23 oscula in oscula?; a pag. 117 v. 99 illi tibi in ille tibi etc. Per le note e le notizie mi son valso delle pubblicazioni citate nelle appendici bibliografiche del Rossi e del Gaspary e soprattutto dell’opera di C. M. Tallarigo, Giovanni Pontano e i suoi tempi. Napoli, 1874. (2 voll.)