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ii | introduzione |
trent’anni. Restato vedovo nel 1491, passò a seconde nozze con certa Stella da Argenta (Ferrara) che egli cantò nelle voluttuose poesie degli Eridani e dalla quale ebbe un figlio, morto in fasce.
Amò dunque parecchie donne e dei suoi amori lasciò traccia nei suoi versi; ma di tutti i suoi affetti quello piú durevole e profondo, pur in mezzo a curiose contraddizioni, fu certamente l’amore verso la moglie che cantò come fidanzata, come sposa novella, come madre e che pianse teneramente.
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Le opere letterarie del Pontano furono tutte scritte in latino.
Tra quelle in prosa se ne ricordano parecchie di filosofia morale: De prudentia, De fortitudine, De liberalitate — De magnificentia — De humanitate — De fortuna — De principe — De splendore — De conviventia — De obedientia ecc.; una di storia: De bello neapolitano (1458-1464) in sei libri; una di rettorica: De sermone (sei libri); due di filologia: De Aspiratione (due libri) e un commentario a Catullo; una di astronomia: De rebus coelestibus, in quattordici libri. A queste opere vanno aggiunti i cinque celebri dialoghi: Charon — Autonius — Actius — Aegidius, Asinus.
Ma gli scritti ai quali è affidata la gloria del Pontano sono le sue opere poetiche, nelle quali si lascia a notevole distanza tutti gli altri umanisti, anche i piú grandi. In esse la sua ispirazione è pari alla sua arte; l’una e l’altra grandissime.
La raccolta delle sue opere poetiche1 si apre con un lungo poema didascalico e mitologico, l’Urania in cinque libri, in cui la sua fantasia si sbizzarrí nelle piú
- ↑ I. I. Pontani Carmina, a cura di B. Soldati. Firenze, 1902. 2 voll.