II. Immensa come l’antica prateria, la distesa dei cereali

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II. Immensa come l’antica prateria, la distesa dei cereali
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Dall'Atlantico al Pacifico, le coltivazioni di cereali e di oleaginose costituiscono la costante e il connettivo dello scenario dell'agricoltura americana, della quale la loro produzione rappresenta pilastro essenziale, forza propulsiva e presupposto di preminenza internazionale. Sono i cereali e le oleaginose che alimentano la più grande macchina di produzione di carne bovina e suina, di polli, uova e latte del mando, e sono, ancora, i cereali e le oleaginose che ricolmano le stive dei bastimenti diretti a tutti i paesi del globo, attivando un flusso che è, insieme, espressione di potenza agropolitica e formidabile strumenta di sostegno della bilancia dei pagamenti del paese.



Un primato agronomico, economico, strategico

Anche superato lo stupore per la vastità del continente agricolo che si stende dall' Atlantico al Pacifico, a voler penetrare nel contesto delle singole regioni e dei settori produttivi che compongono il grande mosaico, è ancora con cifre che incutono stupore e attonimento che il nostro senso delle dimensioni deve continuare a confrontarsi: nel quadro agricolo americano ogni regione è vasta quanto il più vasto degli stati europei, ogni settore produttivo immette sul mercato volumi di produzione paragonabili a quelli di interi continenti, determina un movimento di ricchezza paragonabile all'attività economica di intere nazioni.

Al primo posto per superficie occupata, presupposto biologico e funzionale dell'intera macchina agricola, la coltura dei cereali, tra tutte .le coltivazioni la più intrinsecamente collegata alla disponibilità di terra, costituisce il pilastro essenziale della forza dell'agricoltura americana: 29 milioni di ettari di mais, 28 milioni di ettari di grano, 4 milioni di ettari di orzo, l milione di ettari di riso, oltre alla superficie dei cereali minori. La loro produzione complessiva ha sommato un valore, nel 1979, di 23 miliardi di dollari.

A quella dei cereali si salda la coltivazione dei semi oleosi, coltivati sulle stesse terre, dalle stesse aziende, in rotazione ai cereali: insieme ai cereali derrate di essenziale valore strategico e condizione della produzione zootecnica moderna. Prima tra tutti, la soia, 23 milioni di ettari, poi gli arachidi, 0,6 milioni di ettari, il seme di lino e quello di cotone, la cui produzione è proporzionale a quella delle stesse fibre, per le quali gli Stati Uniti sono il primo produttore mondiale.

Il contributo delle oleaginose alla produzione dell'agricoltura americana è di 14 miliardi di dollari. Espressione caratteristica di un'agricoltura che dispone di un intero continente sul quale allargare le proprie produzioni, le distese dei cereali e delle oleaginose hanno sostituito le praterie che una volta si allargavano sconfinate alle migrazioni delle mandrie di bisonti

Grano e mais nella scacchiera di meridiani e paralleli

Nella vastità delle superfici disponibili, e nella varietà degli ambienti, nel continente agricolo America ogni specie ha occupato le aree dove le condizioni del terreno e del clima le erano più favorevoli. È fino dall'insediamento dei primi pionieri che la storia dell'agricoltura americana è segnata dal succedersi di espansioni e di contrazioni delle diverse colture, ma il processo di identificazione che ha imposto ad ogni terra la coltura che su di essa assicurava i maggiori vantaggi ha proceduto inarrestabile tra avanzamenti e retrocessioni, e l'assetto che da esso ha preso forma costituisce ormai un quadro consolidato e irreversibile. Mi stupii, una volta, della risposta di un agricoltore dell'Iowa, terra d'elezione del mais, cui avevo chiesto se non avesse mai provato a seminare frumento: "So che da qualche parte –mi disse– coltivano una pianta che si chiama così». Mi stupii perché nelle terre dell'Iowa, tra le più fertili del continente, il frumento non potrebbe dare che buoni risultati: il mais li da migliori, e nella risposta del mio interlocutore v'era l'ossequio ad una legge inderogabile, contro la quale l'agricoltore americano non si arrischia, sfidando le regole di una tradizione consolidata. In Iowa impegna tutto sé stesso a produrre mais in modo sempre più efficiente: a provare col grano non pensa neppure.

E come una legge inderogabile ordina agli agricoltori della fascia latitudinale che dall'Ohio si allunga fino al Nebraska «Non avrai altro cereale fuori del mais», una legge altrettanto inflessibile vieta all'agricoltore della fascia longitudinale che dal Texas sale al North Dakota di seminare altro cereale che frumento: sulla durezza della punizione inferta a chi quella legge aveva violato, seminando mais nelle terre asciutte dell'Oklahoma, Jonh Steinbek ha scritto la rievocazione più drammatica che un grande letterato abbia vergato di un fenomeno biologico, la lenta agonia dei campi di mais riarsi dalla siccità, poi scossi dal vento fino a cadere al suolo, ricoperti dalla polvere in cui la furia del ciclone aveva trasformato la terra nella quale avevano faticosamente affondato le radici in primavera.

Né sostituirebbero una pianta diversa al riso gli agricoltori della Louisiana e della California, le due regioni a clima subtropicale che oltre a soddisfare la domanda interna assicurano1agli Stati Uni il ruolo di primo esportatore mondiale della derrata chiave per l'alimentazione di metà della popolazione del pianeta. O il cotone quelli del Texas e dell'Arkansas.

Terra, clima, genetica vegetale

Macchina gigantesca per lo sfruttamento di superfici sterminate di terra, è fino dalle proprie origini che la cerealicoltura americana è impegnata in uno sforzo senza posa per la riduzione dell'impegno di tutti i fattori della produzione che alla terra debbono associarsi per ottenerne i frutti: manodopera, macchine, fertilizzanti. Lavorazioni del terreno estremamente semplificate, cure coltura li durante il ciclo vegetativo ridotte a poche operazioni essenziali, l'affidamento della raccolta ad apparecchi meccanici sempre più imponenti e perfezionati. Persino l'irrigazione del mais, una pratica essenziale nella maggior parte delle aree di coltura del globo, è operazione sconosciuta alla grande maiscoltura americana. Vi fanno ricorso solo gli agricoltori delle aree aride, dove la coltura si è impiantata, in anni recentissimi, su terreni dal valore iniziale tanto basso da consentire 1a costruzione di grandi apparati irrigui automatici senza eccedere i costi complessivi delle aree di più antica vocazione maidicola.

In tutte le regioni dove la coltura ha la propria sede tradizionale, il suo successo è ancora garantito, tuttavia, dalla felice combinazione degli elementi naturali, quegli elementi che hanno determinato l'insediamento in ogni regione di una coltura specifica, la coltura che su quella terra trovava le condizioni migliori.

Nella sua corsa a tradurre le opportunità che la natura gli pone a disposizione in produzioni sempre più elevate, con un impegno sempre minore di lavoro umano e di mezzi tecnici, l'agricoltore americano dispone però di un'arma fondamentale: la ricerca genetica più avanzata del mondo. Ottenere di più dalla terra riducendo, contemporaneamente, l'impiego di tutti gli altri fattori della produzione sarebbe impegno inattuabile se nel quadro agricolo americano non sussistesse anche la più grande industria sementiera del mondo, un novero di grandi società che operando sulla base delle acquisizioni di un imponente apparato di ricerca pubblica assicura all'agricoltore americano lo strumento fondamentale per sfruttare le potenzialità della terra e del clima della regione in cui si trova ad operare: la semente migliore per qualsiasi esigenza.

Oltre a fornire all’agricoltura del paese lo strumento più efficace per l'aumento costante delle proprie capacità produttive, la genetica vegetale ha offerto all'economia americana i presupposti per imporsi in una delle sfere più lucrose del commercio internazionale: quello delle sementi, un prodotto che, in. adempimento di una norma che vale per tutti i beni ad elevato valore tecnologico, è ottenibile a costi sostanzialmente esigui, ma assicura i guadagni più ingenti.


Le strade del grano portano tutte e Chicago

Ma se la coltura dei cereali e delle oleaginose si allarga a tutte le regioni del continente agricolo America, ricoprendo una superficie complessiva che si avvicina a 100 milioni di ettari, essa ha un unico, indiscusso centro vitale: a decidere delle fortune di tutte le aziende cerealicole del paese, di quelle dei loro fornitori di macchine e concimi, degli acquirenti dei loro prodotti, sono i complessi rituali che si celebrano nella grande sala al primo piano di un grattacielo di Chicago, la sala delle contrattazioni del Board of Trade. Fenomeno caratteristico di una grande società industriale, il Board accentra gli scambi nazionali di carne bovina e suina, di pollame, di soia e cereali.

Per i cereali, oltre che centro del commercio nazionale, la Borsa di Chicago è l'arbitro indiscusso del commercio mondiale. Ogni anno nelle sue sale vengono contrattati l miliardo di tonnellate di mais, 480 milioni di tonnellate di grano, 1,2 miliardi di tonnellate di soia; quantità molto superiori alle relative produzioni nazionali, siccome una partita di granaglie può essere comprata e rivenduta 5, l0, 20 volte nella stessa sala del Board.

Tra le centinaia di persone che la grande sala coinvolge nel ritmo frenetico delle contrattazioni, si possono individuare operatori di diversa natura: la maggior parte è costituita dai brokers, agenti di professione che operano per conto di venditori e acquirenti grandi e piccoli, commercianti, industriali, speculatori “puri”. Nella galassia degli operatori economici che direttamente o indirettamente partecipano alla vita del Board , la legge del mercato dei cereali, americano e mondiale, viene dettata da sette grandi compagnie, i cui apparati, agenti, mezzi di trasporto ferroviari, fluviali, marittimi, silos e terminali d'imbarco, costituiscono l'autentico ponte tra le aree agricole e i grandi centri di consumo, tra i porti d'imbarco e il mercato di tutti i paesi che si riforniscono di granaglie americane. Cargill, Dreyfus, Bunge, Continental, imprese ai cui vertici siedono i membri di autentiche dinastie dei cereali, sono i detentori di una potenza paragonabile a quella dei titani del petrolio, dell'acciaio, della chimica: l'ultima inequivocabile prova di quella potenza l'ha offerta l'attuazione incerta e controversa dell'embargo decretato da Jimmy Carter alle spedizioni di cereali all'Unione Sovietica, una decisione invisa ai grandi commercianti di granaglie, che dietro l'accettazione formale delle disposizioni del Presidente hanno continuato, usando delle proprie capillari ramificazioni internazionali, a condurre incontrastati i propri affari. E in epoca elettorale controlli troppo indiscreti di quegli affari non avrebbero costituito premura conveniente per l'Amministrazione, impegnata ad attirare nella sfera presidenziale tutti i potentati economici capaci di offrire un contributo finanziario per arginare il precipitare di una popolarità in inarrestabile declino.


Per promuovere le vendite un contributo volontario per ogni bushel

A fianco delle grandi compagnie commerciali, un peso sempre maggiore stanno acquisendo, da alcuni anni, gli organismi costituiti tra gli agricoltori: tra di essi alcuni si propongono compiti organizzativi e promozionali, altri autentiche finalità commerciali, operando sul mercato in concorrenza alle compagnie delle grandi dinastie dei cereali.

Tra quelli a carattere promozionale, un posto fondamentale ricopre l'United States Wheat Associates inc., l'associazione dei produttori di frumento costituita allo scopo di stimolare la penetrazione del grano americano su tutti i mercati del mondo.

All'organismo, mi spiega Fred Hejduk, assistant director for program, aderiscono, in forma volontaria, i produttori di frumento dei quattordici stati in cui la coltura riveste un ruolo importante. L'adesione impegna al versamento di un contributo che varia, da stato a stato, da l centesimo a 1,4 per ogni bushel (27 chilogrammi) di grano venduto.

Con i fondi raccolti, l'entità della produzione nazionale suggerisce le dimensioni del bilancio dell'organizzazione, la Wheat Associates finanzia un'ampia gamma di attività. Tra quelle attività, numerosi programmi di ricerca, affidati ad istituti universitari e privati, per la selezione e la diffusione di nuove varietà, per l'individuazione di forme più avanzate di lotta ai parassiti, per l'introduzione di pratiche colturali più razionali. Poi, la pubblicazione di un notiziario quindicinale, particolarmente informato ed aggiornato: una delle fonti più autorevoli di quel sistema di diffusione delle informazioni di mercato che costituisce una delle premesse dell'efficienza di tutto il sistema di commercializzazione dei prodotti agricoli del paese. Nella sfera dell'informazione l'impegno della United Wheat Associates si confronta con le altre cento fonti che competono per fornire all'agricoltore e agli operatori commerciali le notizie più aggiornate, le indiscrezioni più interessanti, i commenti più autorevoli sugli eventi che, nelle diverse aree del mercato mondiale, possono esercitare un peso sull'esito economico del lavoro degli agricoltori americani.

Il terreno dell'impegno prioritario dell'associazione è comunque quello della diffusione del grano americano sui mercati mondiali, l'obiettivo per il quale la Wheat Associates spende la parte più cospicua delle proprie disponibilità, organizzando missioni di operatori dei paesi acquirenti nelle aree di produzione, fornendo notizie e cognizioni tecniche alle industrie che trasformano il frumento americano nelle diverse preparazioni alimentari alle quali esso è destinato nelle varie parti del mondo: pane, paste, kuskus, biscotti. Ma quale necessità sussiste, chiedo al mio ospite, dell'azione di un organismo privato in una sfera in cui l'Amministrazione opera con un'entità di mezzi che non ha riscontro in nessun altro paese esportatore, e in cui è presente una schiera di società agguerrite, che dispongono di mezzi finanziari tali da affrontare qualsiasi sfida commerciale e politica?

«Vi sono stati - è la risposta di Fred Hejduk -la cui produzione, prenda ad esempio l' hard winter dell'Oklahoma, si dirige per l’80 per cento sui mercati esteri; per altri è la produzione di pregio, ad esempio il durum del North Dakota, che ha nell'esportazione il proprio sbocco principale. Per la granicoltura americana l'esportazione è una condizione di vita, e anche se l'Amministrazione federale e le società commerciali operano con ogni mezzo disponibile per allargare i mercati del nostro frumento, i produttori sono convinti che il loro impegno diretto non sia privo di utilità: un impegno che si realizza parallelamente a quello pubblico, a quello delle società commerciali, a quello delle cooperative, e che ha come obiettivo il consolidamento del prestigio merceologico del frumento americano su tutti i mercati del mondo. È solo il prestigio di un prodotto, infatti -sottolinea Hejduk- che può garantire continuità ai suoi sbocchi commerciali, il felice coronamento del lavoro di chi è impegnato a coltivarlo.»

Dalla mietitrebbia alla stiva dei bastimenti, la sfida contro il tempo

Al di là dei dati statistici e del loro significato economico, è l'eloquenza delle immagini della cerealicoltura americana che impone la percezione di un apparato produttivo dalle dimensioni senza riscontro sull'intero pianeta. E le immagini in cui si può riassumere tutta la vita della cerealicoltura americana sono due: la visione, dall'aereo, dei campi che si stendono senza fine nell'ordito regolare di milioni di steli, e quella delle operazioni di carico, nei grandi poli di imbarco, dei transatlantici diretti a tutti continenti.

L'immagine della vastità delle superfici sulle quali crescono mais, grano e soia accompagna il visitatore in tutto il proprio itinerario negli Stati Uniti: qualsiasi siano le sue mete, sorvolando in qualunque direzione il paese, tra fiumi e catene montuose, tra centri industriali e grandi foreste sono i campi di cereali e di oleaginose a costituire la costante del paesaggio che l'aereo sorvola lentamente, il connettivo degli elementi diversi che si compongono nella geografia del continente.

La visione dei centri nevralgici dai quali i cereali partono per le rotte di tutti gli oceani è di percezione meno comune: per farne l'esperienza bisogna recarsi a New Orleans o a Houston, i due grandi porti dove affluisce la massa preponderante delle granaglie destinate all'imbarco, a New Orleans il mais e la soia del Corn Belt, che su lunghe teorie di chiatte scendono dalle ramificazioni più remote del Grande Fiume per confluire nel Delta, dove si compirà il trasbordo nelle stive dei bastimenti, a Houston il grano di tutta la fascia del frumento, che si raccoglie sulla costa del Texas seguendo gli assi di uno dei sistemi ferroviari più vasti del mondo.

È ad Ama, sulla sponda destra del Mississippi, di fronte a New Orleans, che visito gli impianti portuali della Farmers Export co., la maggiore organizzazione cooperativa operante nel commercio delle granaglie di tutto il paese. Il complesso dei silos di Ama, uno dei più grandi del Delta, è il maggiore dei tre centri di imbarco dell'organizzazione: gli altri sorgono a Philadelphia, in Pennsylvania, e a Galveston, sulla costa del Texas. Una batteria di torri di cemento capaci di 1,37 milioni di quintali di granaglie, collegate, mediante un complesso sistema di nastri trasportatori, a due terminali sul Fiume: uno per lo scarico delle chiatte, uno per il carico dei bastimenti. All'intersezione tra tutte le linee di trasporto, l'impianto di miscelazione e di controllo delle granaglie manipolate, il centro nevralgico di tutto l'impianto.

Un milione e quattrocentomila quintali di capacità è quantità tale da stupire il visitatore che non abbia familiarità con le cifre del movimento commerciale dei grandi esportatori, tale da suggerire l'impressione che un silos portuale costituisca un apparato destinato a raccogliere grandi stocks di granaglie da conservare in attesa di futuri aumenti dei prezzi. Un'impressione che porta del tutto fuori dalla realtà: la prima condizione del successo dell'attività di un grande terminale portuale è, infatti, la capacità di abbreviare, fino al limite del possibile, i tempi di permanenza delle granaglie raccolte nei silos.

Quando una partita di mais o di soia viene imbarcata su una chiatta nel piccolo porto del centro rurale dell'lowa o del Missouri, mi spiega Mark Van Stolk, merchandiser dell'organizzazione, la prima fase del ciclo commerciale dei cereali si chiude definitivamente: l'agricoltore ha deciso di concludere la propria attesa del prezzo migliore, ha deciso di vendere. Con quella decisione ha ceduto il proprio prodotto ad un altro operatore, non più agricolo ma commerciale, che se ha acquistato per esportare inizia una sfida diversa da quella dell'agricoltore, una sfida a guadagnare ogni ora che separa l'imbarco sul fiume dal trasbordo sul cargo transoceanico. Per il commerciante di cereali, mi spiega Van Stolk, i margini di guadagno o di perdita ordinari di tutta la serie dei passaggi che intercorrono tra l'acquisto da un'azienda agricola e la consegna al compratore straniero non superano il centesimo per bushel (30 lire al quintale): guadagno o perdita dipendono dalla capacità di scongiurare contrattempi nella discesa del Fiume, di abbreviare la sosta della chiatta al terminale di sbarco, di contenere la permanenza nei silos. E per affrontare la sfida, per rendere quanto più breve possibile quel tempo, l'apparato del commercio granario ha approntato un sistema di mezzi informativi e operativi di straordinaria efficienza.

In chiatta lungo il Fiume

Ogni esportatore conosce, mi spiega ancora Van Stolk, la quantità e la qualità dei cereali di cui dispone a seguito di acquisti e di quelli impegnati mediante vendite. Conosce l'entità del prodotto che sta aff1uendo verso i propri silos lungo il Fiume, quella necessaria a caricare i bastimenti in arrivo dall'Oceano. Il suo guadagno dipende essenzialmente dall'abilità a fare coincidere con gli scarti minori le disponibilità in arrivo con le necessità di imbarco: le grandi torri del silos portuale non debbono costituire che un apparato di miscelazione delle diverse qualità merceologiche e di smistamento, un punto di incontro di due circuiti tra i quali non debbono sussistere interruzioni né fratture: E l'accorgimento più comune per l'armonizzazione dei due flussi consiste, mi spiega il mio ospite, nella compravendita del carico delle chiatte che stanno scendendo il Fiume. Nota la quantità e la qualità di ogni carico, in partenza e in arrivo, ogni compagnia aggiorna quotidianamente i programmi di lavoro dei propri silos: vende il mais e la soia che eccedono il fabbisogno previsto al momento del loro arrivo, o che non corrispondono alla qualità contrattata con gli acquirenti stranieri, acquista le granaglie necessarie per disporre, al momento dell’imbarco, delle qualità pattuite. Nel corso delle tre settimane durante le quali può protrarsi il viaggio lungo il Fiume, il carico di una chiatta può essere compravenduto, conclude Van Stolk, fino a dieci volte.

Mentre conversiamo sulla banchina, un'immensa draga sta fagocitando il contenuto di una chiatta che un rimorchiatore fluviale ha introdotto nel bacino galleggiante destinato allo scarico. A valle, una serie di bocche mobili calate da un'imponente sistema di gru sta colmando le stive di un grande cargo. Ogni chiatta ha una portata di 80 tonnellate, ogni ventiquattro ore l'impianto di scarico può svuotarne 16. Il cargo che abbiamo di fronte ha una stazza netta di 60.000 tonnellate: potrà essere caricato in cinque giorni. Il passaggio tra chiatte e bastimenti non è però, sottolinea Van Stolk additando il sistema di nastri che collegano i due terminali ai silos, un passaggio diretto: è impossibile, infatti, che tutte le chiatte scaricate nei cinque giorni necessari a stivare il cargo portino del mais della precisa qualità pattuita con l'acquirente della partita. E anche se quella corrispondenza sussistesse, essa dovrebbe essere provata dal controllo ufficiale: le granaglie portate dalle chiatte debbono perciò, essere immesse nei silos, distinte per classi merceologiche, mentre la nave viene caricata con il mais del “taglio” fissato dal contratto, che generalmente costituisce il risultato della miscelazione del contenuto delle diverse partite disponibili. Dopo gli scandali del '74 il controllo dell'osservanza delle norme di qualità è diventato inflessibile, conclude il mio interlocutore: dal nastro che porta alle bocche di stivaggio gli ispettori statali prelevano in continuazione campioni, della cui corrispondenza al grade dichiarato debbono rilasciare l’attestazione al compratore.

Vendendo mais di qualità inferiore a quella pattuita qualcuno, nel 1974, ci ha guadagnato. Ma era un anno in cui sul mercato mondiale cereali disponibili ce n'erano pochi, e chi comprava doveva accontentarsi di quello che gli veniva dato. Dopo gli anni di penuria, al ritorno della sovrapproduzione, è stato il mondo agricolo a pretendere una serietà diversa. In un mercato dove le disponibilità sono superiori alla domanda il cliente ha sempre ragione: se i clienti stranieri invece che a New Orleans e a Houston mandassero le loro navi a Buenos Aires o a Melbourne, i nastri trasportatori dei silos del Mississippi si fermerebbero, le chiatte e i treni resterebbero immobili agli scali, il settore chiave dell'agricoltura americana soffocherebbe sotto una montagna incontrollabile di mais, di soia e grano, privi ormai di prezzo, privi di valore.

TERRA E VITA N. 48, 6 dicembre 1980