L'Isottèo/Epodo
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EPODO.
QUATTRO SONETTI
AL POETA GIOVANNI MARRADI
in onore della Nona Rima.
I.
O poeta gentil, quanto mi piacque
che ti vidi onorar la rima nona,
l’alta rima onde ancor tutto risona
per me quel fiume ove l’amore nacque!
5Veniva Isotta lungo le bell’acque,
tra l’erbe alzata la febéa persona:
il sol le cinse a ’l capo una corona
d’oro; la selva a ’l suo passare tacque.
Veda tu quella che sorride in cima
10de’ tuoi pensieri a una fatata reggia
salir con lunga compagnia di cetre;
ed in gloria di lei s’alzi la rima,
o poeta, la rima ove fiammeggia
la gran virtù de le sessanta pietre.
II.
Al saggio de li buon conoscidori,
ben direbbe l’Antico, i versi nove
fan cerchi di malie sì grandi e nuove
e di tanto diletto empiono i cuori,
5che i sovrani maestri incantatori
non fecero giammai più belle prove.
Quale il vin da le coppe auree di Giove,
tal da que’ cerchi il suon trabocca fuori.
Ma come a l’imo de le fumiganti
10coppe è la sacra ebrietà che accesa
leva da’ cuor la fiamma de la gioia,
così ne ’l verso estremo i vari incanti
si compiono quieti, onde sorpresa
l’anima par che di dolcezza muoja.
III.
Re Poro, ch’ebbe spiriti assai crudi,
(com’è ne ’l Novellino) ad un mangiare
udendo su le mense ceterare
un musico in ricerche e vaghi ludi,
5uso a ’l tinnir de li archi e de li scudi,
fe’ le corde a la cetera tagliare.
— Meglio — disse — è tagliare che sviare,
chè a dolce suon si perdon le vertudi. —
Anche Antígono, quando in mezzo a un coro
10vide Alessandro, diè sentenza eguale,
gridandogli: — Non hai vergogna alcuna? —
Io, contro il buono Antígono e il re Poro,
amo in questa mia lieta opra fatale
perdere le vertudi ad una ad una.
IV.
Giova, o amico, ne l’anima profonda
meditare le dubbie sorti umane,
piangere il tempo, ed oscurar di vane
melancolíe la dea Terra feconda?
5Evvi Ginevra ed Isotta la blonda,
e sonvi i pini e sonvi le fontane,
le giostre, le schermaglie e le fiumane,
foreste e lande, e re di Trebisonda!
Bevere giova con aperta gola
10ai ruscelli de ’l canto, e coglier rose,
e mordere ciascun soave frutto.
O poeta, divina è la Parola;
ne la pura Bellezza il ciel ripose
ogni nostra letizia; e il Verso è tutto.