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Evoe, Lieo: tu gli animi
Apri, e la speme accendi.
Evoe, Lieo: ne’ calici
4Fuma, gorgoglia e splendi.
Tenti le noie assidue
Co’ vin d’ogni terreno
E l’irrompente nausea
8Freni con l’acre Reno
Chi ne le cene pallide
Cambia le genti e merca
E da i traditi popoli
12Oro ed infamia cerca:
A noi conforti l’anime
Pur contro a’ fati pronte
Il vin de’ colli italici
16Ove regnò Tarconte.
Un morbo rio cui niegano
Le mie camene il nome
Pasce le membra d’Àmpelo
20E le fiorenti chiome,
Ed ei sparso di rigido
Livor la bella faccia
Al tuo gran nume supplica
24Pur con le inferme braccia.
In van: tu sdegni, o Libero,
Che a’ temperati ardori
La dolce per i barbari
28De l’uve ambra s’indori;
E, quando il marte austriaco
Su’ colli tuoi gavazza,
Tu sfrondi i lieti pampini,
32Tu frangi al suol la tazza.
Nato al sorriso limpida
De le pelasghe forme,
I tetri ceffi abomini
36E le ferine torme.
Deh risorridi e fausto
A la vendemmia scendi;
Ne i bicchier nostri, o Libero,
40Fuma, gorgoglia e splendi.
Ne’ clivi ove più prospero
Il sacro arbusto alligna
Non più stranier quadrupede
44Ti pesterà la vigna,
Non de l’ottobre splendido
Tra i balli e le canzoni
Mescerà lituo retico
48I detestati suoni.
Il re teban di vincoli
Strinse il tuo fido stuolo:
Tu sorridesti, e inutili
52Caddero i ferri al suolo.
D’estranei re da’ vincoli
Italia or si sprigiona:
Ridi, vendemmia; o Libero,
56Il mio bicchier corona.
Torni a’ suoi covi squallidi
La sconsolata prole.
Di putri nebbie fumiga
60La terra in odio al sole,
Che a pena guarda i poveri
Campi e i maligni colli,
Cui nieghi, o padre Libero,
64L’onor de’ tuoi rampolli.
Ivi i giacenti spiriti
D’amari succhi asperga
E oblii ne’ sonni torbidi
68De’ suoi signor la verga.
A noi tu serbi i vividi
Estri e gli ardor giocondi,
Di civil fiamma, o Libero,
72A noi tu i cuori inondi;
Tu caro a lui che a’ teutoni
Indisse i lunghi affanni
Ed al cantor lesbiaco
76Spavento de’ tiranni.
Note
- ↑ [p. 290 modifica]Un po’ incivile con gli austriaci, ma bisogna ricordare i tempi: del resto né pur gli austriaci erano civilissimi con noi. Tarconte (p. 231, v. 4) è l’eroe mitico degli etruschi fondatore di città. Ampelo (ivi, v. 7) diè il nome greco alla vite: di lui Ovidio, Fast. iii, 409.
Ampelon intonsum satyro nymphaque creatum
Fertur in ismariis Bacchus amasse iugis.
Su ’l coperchio d’un sarcofago del Museo Pio Clementino vedesi figurato nel trionfo di Bacco in un carro tirato da tigri cui guida un Amorino sonando la lira. La sua storia è il più bel episodio delle Dionisiache di Nonno. A pag. 233, v. 13-16, si accenna a Mario, che vecchio beveva anche troppo, e ad Alceo, de’ cui pochi frammenti parecchi son sacri al vino e a’ bicchieri.