Istorie fiorentine/Libro terzo/Capitolo 18

Libro terzo

Capitolo 18

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Era già, quando Michele ottenne contro alla plebe la vittoria, tratta la nuova Signoria; intra la quale erano duoi di tanta vile e infame condizione, che crebbe il desiderio agli uomini di liberarsi da tanta infamia. Trovandosi adunque, quando il primo giorno di settembre i Signori nuovi presono il magistrato, la Piazza piena di armati, come prima i Signori vecchi fuora di Palagio furono, si levò intra gli armati, con tumulto, una voce, come e’ non volevono che del popolo minuto alcuno ne fusse de’ Signori; tale che la Signoria, per sodisfare loro, privò del magistrato quelli duoi, de’ quali l’uno il Tria e l’altro Baroccio si chiamava; in luogo de’ quali messer Giorgio Scali e Francesco di Michele elessono. Annullorono ancora l’Arte del popolo minuto, e i subietti a quella, eccetto che Michele di Lando e Lorenzo di Puccio e alcuni altri di migliore qualità, degli ufici privorono; divisono gli onori in due parti, l’una delle quali alle maggiori, l’altra alle minori Arti consegnorono, solo de’ Signori vollono che sempre ne fusse cinque de’ minori artefici e quattro de’ maggiori, e il gonfaloniere ora all’uno ora all’altro membro toccasse. Questo stato così ordinato fece, per allora, posare la città; e benché la republica fusse stata tratta delle mani della plebe minuta restorono più potenti gli artefici di minore qualità che i nobili popolani; a che questi furono di cedere necessitati, per torre al popolo minuto i favori delle Arti, contentando quelle. La qual cosa fu ancora favorita da coloro che desideravano che rimanessero battuti quelli che, sotto il nome di Parte guelfa, avevono con tanta violenza tanti cittadini offesi. E perché infra gli altri che questa qualità di governo favorivano furono messer Giorgio Scali, messer Benedetto Alberti, messer Salvestro de’ Medici e messer Tommaso Strozzi, quasi che principi della città rimasono. Queste cose così procedute e governate la già cominciata divisione tra i popolani nobili e i minori artefici, per la ambizione de’ Ricci e degli Albizzi, confermorono: dalla quale perché seguirono in varii tempi di poi effetti gravissimi, e molte volte se ne arà a fare menzione, chiamereno l’una di queste parte popolare e l’altra plebea. Durò questo stato tre anni, e di esili e di morti fu ripieno, perché quelli che governavano, in grandissimo sospetto, per essere dentro e di fuora molti mali contenti, vivevano: i mali contenti di dentro o e’ tentavano o e’ si credevano che tentassino ogni dì cose nuove; quelli di fuora, non avendo rispetto che gli frenasse, ora per mezzo di quello principe, ora di quella republica, varii scandoli, ora in questa ora in quella parte, seminavano.