Istorie fiorentine/Libro terzo/Capitolo 12

Libro terzo

Capitolo 12

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Mentre che queste cose così procedevano, nacque un altro tumulto, il quale assai più che il primo offese la republica. La maggiore parte delle arsioni e ruberie seguite ne’ prossimi giorni erano state dalla infima plebe della città fatte; e quelli che infra loro si erano mostri più audaci temevano, quietate e composte le maggiori differenze, di essere puniti de’ falli commessi da loro, e come gli accade sempre, di essere abbandonati da coloro che al fare male gli avevano instigati. A che si aggiugneva uno odio che il popolo minuto aveva con i cittadini ricchi e principi delle Arti, non parendo loro essere sodisfatti delle loro fatiche secondo che giustamente credevano meritare. Perché quando, ne’ tempi di Carlo primo, la città si divise in Arti, si dette capo e governo a ciascuna, e si provide che i sudditi di ciascuna Arte dai capi suoi nelle cose civili fussero giudicati. Queste Arti, come già dicemmo, furono nel principio dodici; di poi, col tempo, tante se ne accrebbono che le aggiunsono a ventuna; e furono di tanta potenza che le presono in pochi anni tutto il governo della città. E perché, intra quelle delle più e delle meno onorate si trovavano, in maggiori e minori si divisono; e sette ne furono chiamate maggiori e quattordici minori. Da questa divisione, e dalle altre cagioni che di sopra aviamo narrate, nacque l’arroganza de’ Capitani di parte; perché quelli cittadini che erano anticamente stati guelfi sotto il governo de’ quali sempre quello magistrato girava, i popolani delle maggiori Arti favorivano e quelli delle minori con i loro defensori perseguitavano; donde contro a di loro tanti tumulti quanti abbiamo narrati nacquono. Ma perché nello ordinare i corpi delle Arti molti di quelli esercizi in ne’ quali il popolo minuto e la plebe infima si affatica sanza avere corpi di Arti proprie restorono, ma a varie Arti, conformi alle qualità delli loro esercizi, si sottomessono, ne nasceva che quando erano o non sodisfatti delle fatiche loro, o in alcun modo dai loro maestri oppressati, non avevano altrove dove rifuggire che al magistrato di quella Arte che gli governava; dal quale non pareva loro fusse fatta quella giustizia che giudicavano si convenisse. E di tutte le Arti, che aveva e ha più di questi sottoposti, era ed è quella della lana; la quale, per essere potentissima, e la prima, per autorità, di tutte, con la industria sua la maggiore parte della plebe e popolo minuto pasceva e pasce.