Istorie fiorentine/Libro terzo/Capitolo 10

Libro terzo

Capitolo 10

../Capitolo 9 ../Capitolo 11 IncludiIntestazione 31 agosto 2009 75% Storia

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Quelli che, in Consiglio, erano della cosa consapevoli, e quelli altri che desideravano novità, levorono il romore: al quale i Signori e i Collegi corsono; e veduto il loro Gonfaloniere partirsi, con prieghi e con autorità lo ritennano, e lo ferono in Consiglio, il quale era pieno di tumulto, ritornare: dove molti nobili cittadini furono con parole ingiuriosissime minacciati, intra i quali Carlo Strozzi fu da uno artefice preso per il petto e voluto ammazzare, e con fatica fu da’ circunstanti difeso. Ma quello che suscitò maggiore tumulto e messe in arme la città fu Benedetto degli Alberti; il quale, dalle finestre del Palagio, con alta voce chiamò il popolo alle armi; e subito fu piena la Piazza di armati; donde che i Collegi quello che prima, pregati, non avevono voluto fare, minacciati e impauriti feciono. I Capitani di parte, in questo medesimo tempo, avevono assai cittadini nel loro palagio ragunati, per consigliarsi come si avessero contro all’ordine de’ Signori a difendere; ma come si sentì levato il romore e si intese quello che per i Consigli si era deliberato, ciascuno si rifuggì nelle case sue. Non sia alcuno che muova una alterazione in una città, per credere poi, o fermarla a sua posta, o regolarla a suo modo. Fu la intenzione di Salvestro creare quella legge e posare la città; e la cosa procedette altrimenti; perché gli umori mossi avevono in modo alterato ciascuno, che le botteghe non si aprivano, i cittadini si afforzavano per le case, molti il loro mobile per i munisteri e per le chiese nascondevano, e pareva che ciascuno temesse qualche propinquo male. Ragunoronsi i corpi delle Arti, e ciascuna fece un sindaco; onde i Priori chiamorono i loro collegi e quelli sindachi, e consultorono tutto un giorno come la città con sodisfazione di ciascuno si potesse quietare; ma per essere i pareri diversi, non si accordorono. L’altro giorno seguente, le Arti trassono fuora le loro bandiere: il che sentendo i Signori, e dubitando di quello che avvenne, chiamorono il Consiglio per porvi rimedio. Né fu ragunato a pena, che si levò il romore e subito le insegne delle Arti, con grande numero di armati dietro, furono in Piazza. Onde che il Consiglio, per dare alle Arti e al popolo di contentargli speranza, e torre loro la occasione del male, dette generale potestà, la quale si chiama in Firenze balia, ai Signori, Collegi, agli Otto, a’ Capitani di parte e a’ sindachi delle Arti, di potere riformare lo stato della città a comune benifizio di quella. E mentre che questo si ordinava, alcune insegne delle Arti, e di quelle di minori qualità, sendo mosse da quelli che desideravono vendicarsi delle fresche ingiurie ricevute dai Guelfi, dalle altre si spiccorono, e la casa di messer Lapo da Castiglionchio saccheggiorono e arsono. Costui, come intese la Signoria avere fatto impresa contro agli ordini de’ Guelfi, e vide il popolo in arme, non avendo altro rimedio che nascondersi o fuggire, prima in Santa Croce si nascose, di poi, vestito da frate, in Casentino se ne fuggì; dove più volte fu sentito dolersi di sé, per avere consentito a Piero degli Albizzi, e di Piero per avere voluto aspettare San Giovanni ad assicurarsi dello stato. Ma Piero e Carlo Strozzi, ne’ primi romori, si nascosono, credendo, cessati quelli, per avere assai parenti e amici, potere stare in Firenze securi. Arsa che fu la casa di messer Lapo, perché i mali con difficultà si cominciono e con facilità si accrescono, molte altre case furono, o per odio universale o per private nimicizie, saccheggiate e arse. E per avere compagnia che con maggiore sete di loro a rubare i beni d’altri gli accompagnasse, le publiche prigioni ruppono; e di poi il munistero degli Agnoli e il convento di Santo Spirito, dove molti cittadini avevono il loro mobile nascoso, saccheggiorono. Né campava la publica Camera dalle mani di questi predatori, se dalla reverenza d’uno de’ Signori non fusse stata difesa: il quale, a cavallo, con molti armati dietro, in quel modo che poteva alla rabbia di quella moltitudine si opponeva. Mitigato in parte questo populare furore, sì per la autorità de’ Signori, sì per essere sopraggiunta la notte, l’altro dì poi la Balia fece grazia agli ammuniti, con questo, che non potessero, per tre anni, esercitare alcuno magistrato: annullorono le leggi fatte in pregiudizio de’ cittadini dai Guelfi; chiarirono ribelli messer Lapo da Castiglionchio e i suoi consorti, e con quello più altri dallo universale odiati. Dopo le quali deliberazioni, i nuovi Signori si publicorono, de’ quali era gonfaloniere Luigi Guicciardini; per i quali si prese speranza di fermare i tumulti, parendo a ciascuno che fussero uomini pacifici e della quiete comune amatori.