Istorie fiorentine/Libro settimo/Capitolo 8

Libro settimo

Capitolo 8

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Aveva Iacopo sotto il padre e con il fratello militato gran tempo, prima per il duca Filippo e di poi per il popolo di Milano, tanto che, per la lunga conversazione, aveva in Milano amici assai e universale benivolenza; la quale le presenti condizioni avevano accresciuta perché agli Sforzeschi la prospera fortuna e la presente potenza aveva partorito invidia, e a Iacopo le cose avverse e la lunga assenza avevano in quel popolo generato misericordia, e di vederlo grandissimo desiderio. Le quali cose tutte apparsono nella venuta sua, perché pochi rimasono della nobilità che non lo incontrassero, e le strade donde ei passò di quelli che desideravano vederlo erano ripiene; il nome della gente sua per tutto si gridava. I quali onori affrettorono la sua rovina, perché al Duca crebbe, con il sospetto, il desiderio di spegnerlo. E per poterlo più copertamente fare, volle che celebrasse le nozze con Drusiana sua figliuola naturale, la quale più tempo innanzi gli aveva sposata; di poi convenne con Ferrando lo prendesse a’ suoi soldi con titulo di capitano delle sue genti e centomila fiorini di provisione. Dopo la quale conclusione, Iacopo, insieme con uno ambasciadore ducale e Drusiana sua moglie, se ne andò a Napoli; dove lietamente e onoratamente fu ricevuto e per molti giorni con ogni qualità di festa intrattenuto. Ma avendo domandato licenza per gire a Solmona, dove aveva le sue genti, fu da il Re nel Castello convitato, e appresso il convito, insieme con Francesco suo figliuolo, imprigionato, e dopo poco tempo morto. E così i nostri principi italiani quella virtù che non era in loro temevano in altri, e la spegnevano: tanto che, non la avendo alcuno, esposono questa provincia a quella rovina la quale, dopo non molto tempo, la guastò e afflisse.