Istorie fiorentine/Libro settimo/Capitolo 29

Libro settimo

Capitolo 29

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Nel mezzo di tanta pace nacque uno nuovo e insperato tumulto in Toscana. Fu trovata nel contado di Volterra da alcuni di quelli cittadini una cava d’allumi, della quale cognoscendo quelli la utilità, per avere chi con i danari li aiutasse e con la autorità gli difendesse, ad alcuni cittadini fiorentini si accostorono, e degli utili che di quella si traevano li ferono partecipi. Fu questa cosa nel principio, come il più delle volte delle imprese nuove interviene, dal popolo di Volterra stimata poco; ma con il tempo, cognosciuto l’utile, volle rimediare a quello, tardi e sanza frutto, che a buona ora facilmente arebbe rimediato. Cominciossi ne’ Consigli loro ad agitare la cosa, affermando non essere conveniente che una industria trovata ne’ terreni publici in privata utilità si converta. Mandorono sopra questo oratori a Firenze: fu la causa in alcuni cittadini rimessa, i quali, o per essere corrotti dalla parte, o perché giudicassero cosa essere bene, riferirono il popolo volterrano non volere le cose giuste desiderando privare i suoi cittadini delle fatiche e industrie loro, e per ciò ai privati, non a lui, quelle lumiere appartenevano; ma essere bene conveniente che ciascuno anno certa quantità di danari pagassero, in segno di ricognoscerlo per superiore. Questa risposta fece non diminuire, ma crescere i tumulti e gli odii in Volterra; e niuna altra cosa, non solamente ne’ loro Consigli, ma fuora, per tutta la città, s’agitava; richiedendo l’universale quello che pareva gli fusse stato tolto, e volendo i particulari conservare quello che si avevano prima acquistato e di poi era stato loro dalla sentenzia de’ Fiorentini confermato. Tanto che, in queste dispute, fu morto uno cittadino in quella città reputato, chiamato il Pecorino, e dopo lui molti altri che con quello si accostavano, e le loro case saccheggiate e arse; e da quello impeto medesimo mossi, con fatica dalla morte de’ rettori che quivi erano per il popolo fiorentino si astennono.