Istorie fiorentine/Libro settimo/Capitolo 2

Libro settimo

Capitolo 2

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Erano in Firenze, come più volte abbiamo detto, duoi cittadini potentissimi Cosimo de’ Medici e Neri Capponi; de’ quali Neri era uno di quelli che aveva acquistata la sua reputazione per vie publiche, in modo che gli aveva assai amici e pochi partigiani; Cosimo, dall’altra parte, avendosi alla sua potenza la publica e la privata via aperta, aveva amici e partigiani assai. E stando costoro uniti, mentre tutti a duoi vissero, sempre ciò che vollono sanza alcuna difficultà dal popolo ottennono, perché gli era mescolata con la potenza la grazia. Ma venuto l’anno 1455, ed essendo morto Neri, e la parte nimica spenta, trovò lo stato difficultà nel riassumere l’autorità sua; e i propri amici di Cosimo, e nello stato potentissimi, ne erano cagione, perché non temevano più la parte avversa, che era spenta, e avevano caro di diminuire la potenza di quello. Il quale umore dette principio a quelle divisioni che di poi, nel 1466 seguirono; in modo che quelli a’ quali lo stato apparteneva, ne’ Consigli dove publicamente si ragionava della publica amministrazione, consigliavano che gli era bene che la potestà della balia non si riassumesse, e che si serrassero le borse e i magistrati a sorte, secondo i favori de’ passati squittini, si sortissero. Cosimo, a frenare questo umore aveva uno de’ duoi rimedi: o ripigliare lo stato per forza, con i partigiani che gli erano rimasi, e urtare tutti gli altri, o lasciare ire la cosa e con il tempo fare a’ suoi amici cognoscere che non a lui, ma a loro propri, lo stato e la reputazione toglievono. De’ quali duoi remedi questo ultimo elesse; perché sapeva bene che in tale modo di governo, per essere le borse piene di suoi amici, egli non correva alcuno pericolo, e come a sua posta poteva il suo stato ripigliare. Riduttasi per tanto la città a creare i magistrati a sorte, pareva alla universalità de’ cittadini avere riavuta la sua libertà, e i magistrati, non secondo la voglia de’ potenti, ma secondo il giudicio loro proprio giudicavano; in modo che ora uno amico d’uno potente, ora quello d’uno altro era battuto, e così quelli che solevano vedere le case loro piene di salutatori e di presenti, vote di sustanze e di uomini le vedevano. Vedevonsi ancora diventati uguali a quelli che solevono avere di lunga inferiori, e superiori vedevano quelli che solevono essere loro eguali. Non erano riguardati né onorati, anzi molte volte beffati e derisi, e di loro e della republica per le vie e per le piazze sanza alcuno riguardo si ragionava; di qualità che cognobbono presto, non Cosimo, ma loro avere perduto lo stato. Le quali cose Cosimo dissimulava, e come e’ nasceva alcuna deliberazione che piacessi al popolo, ed egli era il primo a favorirla. Ma quello che fece più spaventare i Grandi, e a Cosimo dette maggiore occasione a farli ravvedere fu che si risuscitò il modo del catasto del 1427, dove, non gli uomini, ma le leggi le gravezze ponesse.