Dopo la morte di Niccolò Piccino e la pace seguita nella Marca, desiderava Filippo avere uno capitano il quale a’ suoi eserciti comandasse; e tenne pratiche secrete con Ciarpellone, uno de’ primi capi del conte Francesco; e fermo infra loro lo accordo, Ciarpellone domandò licenza al Conte di andare a Milano, per entrare in possessione di alcune castella che da Filippo gli erano nelle passate guerre state donate. Il Conte dubitando di quello che era, acciò che il Duca non se ne potessi contro a’ suoi disegni servire, lo fece prima sostenere e poco di poi morire, allegando di averlo trovato in fraude contro a di lui. Di che Filippo prese grandissimo dispiacere e sdegno, il che piacque a’ Fiorentini e a’ Viniziani, come quelli che temevano assai se le armi del Conte e la potenza di Filippo diventavano amiche. Questo sdegno per tanto fu cagione di suscitare nuova guerra nella Marca. Era signore di Rimino Gismondo Malatesti, il quale per essere genero del Conte, sperava la signoria di Pesero, ma il Conte, occupata quella, ad Alessandro suo fratello la dette, di che Gismondo sdegnò forte. Al quale sdegno si aggiunse che Federigo di Montefeltro, suo nimico per i favori del Conte aveva la signoria di Urbino occupata: questo fece che Gismondo si accostò al Duca, e che sollecitava il Papa e il Re a fare guerra al Conte. Il quale, per fare sentire a Gismondo i primi frutti di quella guerra che desiderava, pensò di prevenirlo, e in un tratto lo assalì. Onde che subito si riempierono di tumulti la Romagna e la Marca, perché Filippo, il Re e il Papa mandorono grossi aiuti a Gismondo, e i Fiorentini e Viniziani, se non di genti, di danari provedevono il Conte. Né bastò a Filippo la guerra di Romagna, ché disegnò torre al Conte Cremona e Pontremoli: ma Pontremoli da’ Fiorentini, e Cremona da’ Viniziani fu difesa. In modo che in Lombardia ancora si rinnovò la guerra: nella quale, dopo alquanti travagli seguiti nel Cremonese, Francesco Piccinino, capitano del Duca, fu, a Casale, da Micheletto e dalle genti de’ Viniziani rotto. Per la quale vittoria i Viniziani sperarono di potere torre lo stato al Duca; e mandorono uno loro commissario in Cremona, e la Chiaradadda assalirono, e quella tutta, fuori che Crema, occuporono; di poi, passato l’Adda, scorrevono per infino a Milano, donde che il Duca ricorse ad Alfonso, e lo pregò volesse soccorrerlo, mostrandogli i pericoli del Regno, quando la Lombardia fusse in mano de’ Viniziani. Promisse Alfonso mandargli aiuti, i quali con difficultà, sanza consentimento del Conte, potevono passare.