Istorie fiorentine/Libro secondo/Capitolo 28

Libro secondo

Capitolo 28

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I tumulti che in Firenze nacquono per la venuta de’ ribelli alle porte mostrorono come alle Compagnie del popolo uno capo solo non bastava; e però vollono che per lo avvenire ciascuna tre o quattro capi avesse; e ad ogni gonfaloniere duoi o tre, i quali chiamorono pennonieri, aggiunsono, acciò che, nelle necessità dove tutta la compagnia non avesse a concorrere, potesse parte di quella sotto uno capo adoperarsi. E come avviene in tutte le republiche, che sempre dopo uno accidente alcune leggi vecchie si annullano e alcune altre se ne rinnuovano, dove prima la Signoria si faceva di tempo in tempo, i Signori e i Collegi che allora erano, perché avevano assai potenzia, si feciono dare autorità di fare i Signori che dovevano per i futuri quaranta mesi sedere; i nomi de’ quali missono in una borsa, e ogni duoi mesi gli traevano. Ma prima che de’ mesi quaranta il termine venisse, perché molti cittadini di non essere stati imborsati dubitavano, si feciono nuove imborsazioni. Da questo principio nacque lo ordine dello imborsare per più tempo tutti i magistrati, così d’entro come di fuora; dove prima nel fine de’ magistrati, per i Consigli i successori si eleggevano; le quali imborsazioni si chiamorono di poi squittini. E perché ogni tre, o al più lungo ogni cinque anni si facevano, pareva che togliessino alla città noia, e la cagione de’ tumulti levassino i quali alla creazione di ogni magistrato, per gli assai competitori, nascevano; e non sapiendo altrimenti correggergli, presono questa via, e non intesono i difetti che sotto questa poca commodità si nascondevano.