Istorie fiorentine/Libro secondo/Capitolo 27

Libro secondo

Capitolo 27

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Questo disordine in modo fece contro ai Grandi il popolo indegnare, che i Signori la fede data agli usciti per ordine e conforti loro osservare non vollono. Il che presentendo gli usciti, deliberorono di anticipare, e innanzi al campo, per entrare i primi in Firenze, alle porte della città si presentorono; la qual cosa, perché fu preveduta, non successe loro, ma furono da quelli che in Firenze erano rimasi ributtati. Ma per vedere se potevono avere d’accordo quello che per forza non avevono potuto ottenere, mandorono otto uomini, ambasciadori, a ricordare a’ Signori la fede data e i pericoli sotto quella da loro corsi, sperandone quel premio che era stato loro promesso. E benché i nobili, a’ quali pareva essere di questo obligo debitori, per avere particularmente promesso quello a che i Signori si erano obligati, si affaticassero assai in benefizio degli usciti, non di meno, per lo sdegno aveva preso la universalità, che non si era in quel modo che si poteva contro a Castruccio vinta la impresa, non lo ottennero: il che seguì in carico e disonore della città. Per la qual cosa sendo molti de’ nobili sdegnati, tentorono di ottenere per forza quello che pregando era loro negato; e convennono con i fuori usciti venissero armati alla città, e loro, drento, piglierebbono l’armi in loro aiuto. Fu la cosa avanti al giorno deputato scoperta, tale che i fuori usciti trovorono la città in arme, e ordinata a frenare quelli di fuora e in modo quelli di drento sbigottire, che niuno ardisse di prendere l’armi: e così, senza fare alcuno frutto, si spiccorono dalla impresa. Dopo la costoro partita, si desiderava punire quelli che dello avergli fatti venire avessero colpa; e benché ciascuno sapessi quali erano i delinquenti, niuno di nominargli, non che di accusargli, ardiva. Per tanto, per intenderne il vero sanza rispetto, si provide che ne’ Consigli ciascuno scrivesse i delinquenti, e gli scritti al capitano secretamente si presentassero: donde rimasono accusati messer Amerigo Donati, messer Teghiaio Frescobaldi e messer Lotteringo Gherardini; i quali, avendo il giudice più favorevole che forse i delitti loro non meritavano, furono in danari condennati.