Istorie fiorentine/Libro quinto/Capitolo 34

Libro quinto

Capitolo 34

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È questa zuffa, per le cose seguite combattendo e poi, esemplo grande della infelicità di queste guerre; perché, vinti i nimici e ridutto Niccolò nel Borgo, i commissari volevono seguirlo e in quel luogo assediarlo per avere la vittoria intera; ma da alcuno condottiere o soldato non furono voluti ubbidire, dicendo volere riporre la preda e medicare i feriti. E quello che è più notabile fu che l’altro dì, a mezzo giorno, sanza licenza o rispetto di commissario o di capitano ne andorono ad Arezzo, e quivi lasciata la preda, ad Anghiari ritornorono: cosa tanto contro ad ogni lodevole ordine e militare disciplina, che ogni reliquia di qualunque ordinato esercito arebbe facilmente e meritamente potuto loro torre quella vittoria che gli avieno immeritamente acquistata. Oltra di questo, volendo i commissari che ritenessero gli uomini d’arme presi, per torre occasione al nimico di rifarsi, contro alla volontà loro li liberorono. Cose tutte da maravigliarsi come in uno esercito così fatto fusse tanta virtù che sapesse vincere, e come nello inimico fusse tanta viltà che da sì disordinate genti potesse essere vinto. Nello andare dunque e tornare che feciono le genti fiorentine di Arezzo, Niccolò ebbe tempo a partirsi con le sue genti dal Borgo, e ne andò verso Romagna, con il quale ancora i rebelli fiorentini si fuggirono. I quali, vedutosi mancata ogni speranza di tornare a Firenze, in più parti, in Italia e fuori, secondo la commodità di ciascuno, si divisono. De’ quali messer Rinaldo elesse la sua abitazione ad Ancona: e per guadagnarsi la celeste patria, poi che gli aveva perduta la terrestre, se ne andò al sepulcro di Cristo; donde tornato, nel celebrare le nozze d’una sua figliuola sendo a mensa, di subito morì: e fugli in questo la fortuna favorevole, che nel meno infelice giorno del suo esilio lo fece morire. Uomo veramente in ogni fortuna onorato: ma più ancora stato sarebbe, se la natura lo avesse in una città unita fatto nascere; perché molte sue qualità in una città divisa lo offesono, che in una unita l’arebbono premiato. I commissari adunque, tornate le genti loro da Arezzo, e partito Niccolò, si presentorono al Borgo. I Borghesi volevono darsi a’ Fiorentini, e quelli recusavano di pigliarli: e nel trattare questi accordi, il Legato del pontefice insospettì de’ commissari, che non volessero quella terra occupare alla Chiesa; tanto che vennono insieme a parole ingiuriose; e sarebbe seguito intra le genti fiorentine e le ecclesiastiche disordine se la pratica fusse ita molto in lunga ma perché la ebbe il fine che voleva i Legato, ogni cosa si pacificò.