Istorie fiorentine/Libro quinto/Capitolo 13

Libro quinto

Capitolo 13

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Fatta questa deliberazione, s’intese subito a Firenze come il Duca si ordinava a mandare gente in Toscana, il che fece a’ Fiorentini cominciare a perdere la speranza della loro impresa, e perché il Duca fusse occupato in Lombardia, sollecitavano i Viniziani a strignerlo con tutte le forze loro. Ma quelli ancora si trovavano impauriti, per averli il marchese di Mantova abbandonati, ed essere ito a’ soldi del Duca; e però, trovandosi come disarmati, rispondevono non potere, non che ingrossare, mantenere quella guerra, se non mandavano loro il conte Francesco, che fusse capo del loro esercito, ma con patto che si obligasse a passare con la persona il Po. Né volevono stare alli antichi accordi dove quello non era obligato a passarlo, perché senza capitano non volevono fare guerra, né potevono sperare in altro che nel Conte; e del Conte non si potevono valere, se non si obligava a far la guerra in ogni loco. A’ Fiorentini pareva necessario che la guerra si facesse in Lombardia gagliarda; dall’altro canto, rimanendo sanza il Conte, vedevono la impresa di Lucca rovinata; e ottimamente cognoscevano questa domanda essere fatta da’ Viniziani, non tanto per necessità avessino del Conte, quanto per sturbare loro quello acquisto. Dall’altra parte il Conte era per andare in Lombardia ad ogni piacere della lega; ma non voleva alterare lo obligo, come quello che desiderava non si privare di quella speranza quale aveva del parentado promissogli dal Duca. Erano adunque i Fiorentini distratti da due diverse passioni, e da la voglia di avere Lucca, e dal timore della guerra con il Duca. Vinse non di meno, come sempre interviene, il timore; e furono contenti che il Conte, vinto Nozano, andasse in Lombardia. Restavaci ancora un’altra difficultà, la quale, per non essere in arbitrio de’ Fiorentini il comporla, dette loro più passione, e più gli fece dubitare che la prima; perché il Conte non voleva passare il Po, e i Viniziani altrimenti non lo accettavono. Né si trovando modo ad accordarli che liberalmente l’uno cedesse all’altro, persuasono i Fiorentini al Conte che si obligasse a passare quel fiume per una lettera che dovesse alla Signoria di Firenze scrivere, mostrandogli che questa promessa privata non rompeva i patti publici, e come e’ poteva poi fare sanza passarlo; e ne seguirebbe questo commodo, che i Viniziani, accesa la guerra, erano necessitati seguirla; di che ne nascerebbe la diversione di quello umore che temevano. E a’ Viniziani dall’altra parte mostrorono che questa lettera privata bastava ad obligarlo, e per ciò fussino contenti a quella; perché, dove ei potevono salvare il Conte per i rispetti che gli aveva al suocero, era bene farlo; e che non era utile a lui né a loro sanza manifesta necessità scoprirlo. E così per questa via si deliberò la passata in Lombardia del Conte, il quale, espugnato Nozano, e fatte alcune bastie intorno a Lucca per tenere i Lucchesi stretti, e raccomandata quella guerra a commissari passò l’Alpi e ne andò a Reggio, dove i Viniziani, insospettiti de’ suoi progressi, avanti ad ogni altra cosa, per scoprire l’animo suo, lo richiesono che passasse il Po e con le altre loro genti si congiugnessi. Il che fu al tutto da il Conte denegato, e intra Andrea Mauroceno mandato da’ Viniziani, e lui furono ingiuriose parole, accusando l’uno l’altro di assai superbia e poca fede, e fatti fra loro assai protesti, l’uno di non essere obligato al servizio, l’altro al pagamento, se ne tornò il Conte in Toscana, e quell’altro a Vinegia. Fu il Conte alloggiato nel paese di Pisa; e speravano potere indurlo a rinnovare la guerra ai Lucchesi. A che non lo trovorono disposto; perché il Duca, inteso che per reverenza di lui non aveva voluto passare il Po pensò di potere ancora, mediante lui, salvare i Lucchesi; e lo pregò che fusse contento fare accordo infra i Lucchesi e i Fiorentini e includervi ancora lui potendo, dandogli speranza di fare a sua posta le nozze della figliuola. Questo parentado moveva forte il Conte, perché sperava, mediante quello, non avendo il Duca figliuoli maschi, potersi insignorire di Milano; e per ciò sempre a’ Fiorentini tagliava le pratiche della guerra, e affermava non essere per muoversi, se i Viniziani non gli osservavano il pagamento e la condotta; né il pagamento solo gli bastava, perché, volendo vivere securo degli stati suoi, gli conveniva avere altro appoggio che i Fiorentini. Per tanto, se dai Viniziani era abbandonato, era necessitato pensare a’ suoi fatti; e destramente minacciava di accordarsi con il Duca.