Queste gavillazioni e questi inganni dispiacevano a’ Fiorentini grandemente, perché vedevano la impresa di Lucca perduta, e di più dubitavano dello stato loro, qualunque volta il Conte e il Duca fussino insieme. E per ridurre i Viniziani a mantenere la condotta al Conte, Cosimo de’ Medici andò a Vinegia, credendo con la reputazione sua muovergli. Dove nel loro senato lungamente questa materia disputò, mostrando in quali termini si trovava lo stato di Italia, quante erano le forze del Duca, dove era la reputazione e la potenza delle armi, e concluse che, se al Duca si aggiugneva il Conte, eglino ritornerebbono in mare e loro disputerebbono della loro libertà. A che fu da’ Viniziani risposto che cognoscevano le forze loro e quelle degli Italiani, e credevono potere in ogni modo difendersi, affermando non essere consueti di pagare i soldati che servissero altri; per tanto pensassero i Fiorentini di pagare il Conte, poi ch’eglino erano serviti da lui; e come gli era più necessario, a volere securamente godersi gli stati loro, abbassare la superbia del Conte che pagarlo, perché gli uomini non hanno termini nella ambizione loro, e se ora fusse pagato sanza servire, domanderebbe poco di poi una cosa più disonesta e più pericolosa. Per tanto a loro pareva necessario porre qualche volta freno alla insolenzia sua, e non la lasciare tanto crescere che la diventasse incorrigibile; e se pure loro, o per timore o per altra voglia, se lo volessino mantenere amico, lo pagassino. Ritornossi adunque Cosimo sanza altra conclusione. Non di meno i Fiorentini facevano forza al Conte perché non si spiccasse dalla lega, il quale ancora mal volentieri se ne partiva; ma la voglia di concludere il parentado lo teneva dubio, tale che ogni minimo accidente, come intervenne, lo poteva fare deliberare. Aveva il Conte lasciato a guardia di quelle sue terre della Marca il Frullano, uno de’ suoi primi condottieri. Costui fu tanto dal Duca instigato che rinunziò al soldo del Conte e accostossi con lui; la qual cosa fece che il Conte, lasciato ogni rispetto, per paura di sé, fece accordo con il Duca; e intra gli altri patti furono che delle cose di Romagna e di Toscana non si travagliasse. Dopo tale accordo, il Conte con instanzia persuadeva a’ Fiorentini che si accordassero con i Lucchesi; e in modo a questo gli strinse, che, veggendo non avere altro rimedio, si accordorono con quelli, nel mese di aprile, l’anno 1438. Per il quale accordo a’ Lucchesi rimase la loro libertà, e a’ Fiorentini Monte Carlo e alcune altre loro castella. Di poi riempierono con lettere piene di rammarichii tutta Italia, mostrando che, poi che Iddio e gli uomini non avieno voluto che i Lucchesi venissero sotto lo imperio loro, avevono fatto pace con quelli. E rade volte occorre che alcuno abbia tanto dispiacere di avere perdute le cose sue, quanto ebbono allora i Fiorentini per non avere acquistato quelle d’altri.