Trovavansi in Firenze in questi tempi alcuni Perugini, cacciati, per le parti, di casa loro, i quali i Pazzi, promettendo di rendere loro la patria, avevano tirati nella voglia loro; donde che l’arcivescovo de’ Salviati, il quale era ito per occupare il Palagio insieme con Iacopo di messer Poggio e i suoi Salviati e amici, gli avea condotti seco. E arrivato al Palagio, lasciò parte de’ suoi da basso, con ordine che, come eglino sentissero il romore, occupassero la porta; ed egli, con la maggior parte de’ Perugini, salì da alto; e trovato che la Signoria desinava, perché era l’ora tarda, fu, dopo non molto, da Cesare Petrucci gonfaloniere di giustizia intromesso. Onde che, entrato con pochi de’ suoi, lasciò gli altri fuora; la maggiore parte de’ quali nella cancelleria per se medesimi si rinchiusono, perché in modo era la porta di quella congegnata, che, serrandosi, non si poteva se non con lo aiuto della chiave, così di dentro come di fuora, aprire. L’Arcivescovo intanto, entrato dal Gonfaloniere, sotto colore di volergli alcune cose per parte del Papa riferire, gli cominciò a parlare con parole spezzate e dubie; in modo che l’alterazione che dal viso e dalle parole mostrava generorono nel Gonfaloniere tanto sospetto che a un tratto, gridando, si pinse fuora di camera, e trovato Iacopo di messer Poggio, lo prese per i capegli e nelle mani de’ suoi sergenti lo misse. E levato il romore tra i Signori, con quelle armi che il caso sumministrava loro, tutti quegli che con l’Arcivescovo erano saliti da alto, sendone parte rinchiusi e parte inviliti, o subito furono morti, o così vivi, fuori delle finestre del Palagio gittati; intra i quali l’Arcivescovo, i duoi Iacopi Salviati e Iacopo di messer Poggio appiccati furono. Quegli che da basso in Palagio erano rimasi avevano sforzata la guardia, e la porta e le parti basse tutte occupate, in modo che i cittadini che in questo romore al Palagio corsono, né armati aiuto, né disarmati consiglio alla Signoria potevano porgere.