Istorie fiorentine/Libro ottavo/Capitolo 3

Libro ottavo

Capitolo 3

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Non di meno Lorenzo, caldo di gioventù e di potenza, voleva ad ogni cosa pensare, e che ciascuno da lui ogni cosa ricognoscesse. Non potendo adunque i Pazzi, con tanta nobilità e tante ricchezze, sopportare tante ingiurie, cominciorono a pensare come se ne avessero a vendicare. Il primo che mosse alcuno ragionamento contro a’ Medici fu Francesco. Era costui più animoso e più sensitivo che alcuno degli altri; tanto che deliberò o di acquistare quello che gli mancava, o di perdere ciò che gli aveva. E perché gli erano in odio i governi di Firenze, viveva quasi sempre a Roma, dove assai tesoro, secondo il costume de’ mercatanti fiorentini, travagliava. E perché egli era al conte Girolamo amicissimo, si dolevano costoro spesso, l’uno con l’altro, de’ Medici: tanto che, dopo molto doglienze, e’ vennono a ragionamento come gli era necessario, a volere che l’uno vivesse ne’ suoi stati e l’altro nella sua città securo, mutare lo stato di Firenze: il che sanza la morte di Giuliano e di Lorenzo pensavano non si potessi fare. Giudicorono che il Papa e il Re facilmente vi acconsentirebbono purché all’uno e all’altro si mostrasse la facilità della cosa. Sendo adunque caduti in questo pensiero, comunicorono il tutto con Francesco Salviati arcivescovo di Pisa, il quale, per essere ambizioso e di poco tempo avanti stato offeso da’ Medici, volentieri vi concorse. Ed esaminando infra loro quello fusse da fare, deliberorono, perché la cosa più facilmente succedessi, di tirare nella loro volontà messer Iacopo de’ Pazzi, sanza il quale non credevano potere cosa alcuna operare. Parve adunque che Francesco de’ Pazzi, a questo effetto, andasse a Firenze, e l’Arcivescovo e il Conte a Roma rimanessero, per essere con il Papa quando e’ paresse tempo da comunicargliene. Trovò Francesco messer Iacopo più respettivo e più duro non arebbe voluto; e fattolo intendere a Roma, si pensò che bisognasse maggiore autorità a disporlo: onde che l’Arcivescovo e il Conte ogni cosa a Giovan Batista da Montesecco, condottieri del Papa, comunicorono. Questo era stimato assai nella guerra, e al Conte e al Papa obligato: non di meno mostrò la cosa essere difficile e pericolosa; i quali periculi e difficultà l’Arcivescovo s’ingegnava spegnere, mostrando gli aiuti che il Papa e il Re farebbono alla impresa, e di più gli odii che i cittadini di Firenze portavano a’ Medici, i parenti che i Salviati e i Pazzi si tiravano dietro, la facilità dello ammazzargli, per andare per la città sanza compagnia e sanza sospetto, e di poi, morti che fussero, la facilità del mutare lo stato. Le quali cose Giovan Batista interamente non credeva, come quello che da molti altri Fiorentini aveva udito altrimenti parlare.