Era la Italia, come di sopra abbiamo dimostro, divisa in due fazioni: Papa e Re da una parte; da l’altra Viniziani, Duca e Fiorentini; e benché ancora infra loro non fusse accesa guerra, non di meno ciascuno giorno infra essi si dava nuove cagioni di accenderla; e il Pontefice massime, in qualunque sua impresa, di offendere lo stato di Firenze s’ingegnava. Onde che, sendo morto messere Filippo de’ Medici, arcivescovo di Pisa, il Papa, contro alla volontà della signoria di Firenze, Francesco Salviati, il quale cognosceva alla famiglia de’ Medici nimico, di quello arcivescovado investì: talché, non gli volendo la Signoria dare la possessione, ne seguì tra il Papa e quella, nel maneggio di questa cosa, nuove offese. Oltra di questo, faceva in Roma alla famiglia de’ Pazzi favori grandissimi, e quella de’ Medici in ogni azione disfavoriva. Erano i Pazzi, in Firenze, per ricchezze e nobilità, allora, di tutte l’altre famiglie fiorentine splendidissimi: capo di quelli era messer Iacopo, fatto, per le sue ricchezze e nobilità, dal popolo cavaliere. Non aveva altri figliuoli che una figliuola naturale: aveva bene molti nipoti, nati di messer Piero e Antonio suoi frategli; i primi de’ quali erano Guglielmo, Francesco, Rinato, Giovanni, e apresso Andrea, Niccolò e Galeotto. Aveva Cosimo de’ Medici, veggendo la ricchezza e nobilità di costoro, la Bianca sua nipote con Guglielmo congiunta, sperando che quel parentado facesse queste famiglie più unite e levasse via le inimicizie e gli odii che dal sospetto il più delle volte sogliono nascere. Non di meno, tanto sono i disegni nostri incerti e fallaci, la cosa procedette altrimenti: perché chi consigliava Lorenzo gli mostrava come gli era pericolosissimo, e alla sua autorità contrario, raccozzare ne’ cittadini ricchezze e stato. Questo fece che a messer Iacopo e a’ nipoti non erano conceduti quegli gradi di onore che a loro, secondo gli altri cittadini, pareva meritare: da qui nacque ne’ Pazzi il primo sdegno e ne’ Medici il primo timore, e l’uno di questi che cresceva dava materia all’altro di crescere; donde i Pazzi, in ogni azione dove altri cittadini concorressero, erano da’ magistrati non bene veduti. E il magistrato degli Otto, per una leggieri cagione, sendo Francesco de’ Pazzi a Roma, sanza avere a lui quel rispetto che a’ grandi cittadini si suole avere, a venire a Firenze lo constrinse: tanto che i Pazzi, in ogni luogo, con parole ingiuriose e piene di sdegno si dolevano; le quali cose accrescevono ad altri il sospetto e a sé le ingiurie. Aveva Giovanni de’ Pazzi per moglie la figliuola di Giovanni Buonromei, uomo ricchissimo, le sustanze di cui, sendo morto, alla sua figliuola, non avendo egli altri figliuoli, ricadevono. Non di meno Carlo, suo nipote, occupò parte di quegli beni; e venuta la cosa in litigio, fu fatta una legge per virtù della quale la moglie di Giovanni de’ Pazzi fu della eredità di suo padre spogliata, e a Carlo concessa; la quale ingiuria i Pazzi al tutto dai Medici ricognobbono. Della qual cosa Giuliano de’ Medici molte volte con Lorenzo suo fratello si dolfe, dicendo come e’ dubitava che, per volere delle cose troppo, che le non si perdessero tutte.