In questi tempi Genova si ribellò dallo stato di Milano per queste cagioni: poi che fu morto Galeazzo, e restato Giovan Galeazzo suo figliuolo, di età inabile al governo, nacque dissensione intra Sforza, Lodovico e Ottaviano e Ascanio suoi zii, e madonna Bona sua madre, perché ciascuno di essi voleva prendere la cura del piccolo Duca. Nella quale contenzione madonna Bona, vecchia duchessa, per il consiglio di messer Tommaso Soderini, allora per i Fiorentini in quello stato oratore, e di messer Cecco Simonetta, stato secretario di Galeazzo, restò superiore. Donde che, fuggendosi gli Sforzeschi di Milano, Ottaviano nel passare l’Adda affogò, e gli altri furono in varii luoghi confinati insieme con il signore Ruberto da San Severino, il quale in quegli travagli aveva lasciata la Duchessa e accostatosi a loro. Sendo di poi seguiti i tumulti di Toscana, quegli principi, sperando per gli nuovi accidenti potere trovare nuova fortuna, ruppono i confini, e ciascuno di loro tentava cose nuove per ritornare nello stato suo. Il re Ferrando, che vedeva che i Fiorentini solamente, nelle loro necessità, erano stati dallo stato di Milano soccorsi, per torre loro ancora quegli aiuti, ordinò di dare tanto che pensare alla Duchessa nello stato suo, che agli aiuti de’ Fiorentini provedere non potesse, e per il mezzo di Prospero Adorno e del signore Ruberto e rebelli sforzeschi, fece ribellare Genova dal Duca. Restava solo nella potestà sua il Castelletto, sotto la speranza del quale la Duchessa mandò assai genti per recuperare la città, e vi furono rotte, tal che, veduto il pericolo che poteva soprastare allo stato del figliuolo e a lei, se quella guerra durava, sendo la Toscana sottosopra e i Fiorentini, in chi ella solo sperava, afflitti, deliberò, poi che la non poteva avere Genova come subietta, averla come amica; e convenne con Batistino Fregoso, nimico di Prospero Adorno, di dargli il Castelletto e farlo in Genova principe, pure che ne cacciasse Prospero e a’ ribelli sforzeschi non facesse favore. Dopo la quale conclusione, Batistino, con lo aiuto del castello e della parte, s’insignorì di Genova, e se ne fece, secondo il costume loro, doge; tanto che gli Sforzeschi e il signore Ruberto, cacciati del Genovese, con quelle genti che li seguirono ne vennono in Lunigiana. Donde che il Papa e il Re, veduto come e travagli di Lombardia erano posati, presono occasione da questi cacciati da Genova a turbare la Toscana di verso Pisa, acciò che i Fiorentini, dividendo le loro forze, indebolissero; e per ciò operorono, sendo già passato il verno, che il signore Ruberto si partisse con le sue genti di Lunigiana, e il paese pisano assalisse. Mosse adunque il signor Ruberto uno tumulto grandissimo, e molte castella del Pisano saccheggiò e prese, e infino alla città di Pisa predando corse.